27 gennaio 2011 alle ore 13.13
Ma c'è chi la vuole. C'è chi vorrebbe 'garrottare' la sanità feltrina, ed è più che altro chi non vede, o non vuole o non riesce a vedere una cosa che invece è sotto gli occhi di tutti, se solo li si tiene aperti, vale a dire la decadenza del cosiddetto 'pubblico' e dello stato sociale in tutta Italia. Ed è l'agonia della montagna veneta.
Il problema però è più ampio e capitale di quanto non possa sembrare a prima vista.
Dietro l'ipotizzata soppressione dell'ULSS feltrina aleggia una sorta di fumus ideologico, di sottopensiero latente, di impeto ideale pragmatista e machiavellico. Un impeto di antidemocrazia, potremmo dire, visto che da più parti si suggerisce (ben si intende più o meno apertamente) che un politico virtuoso, un amministratore bravo e coraggioso, è colui che non tien conto del consenso popolare, che agisce fregandosene bellamente dei voti e del patto con gli elettori.
Seguendo il filo rosso di questo pensiero pragmatista, di questa specie di realpolitik del postmoderno, si può beatamente sacrificare la sanità feltrina in barba agli elettori. E' la gloria dell'antipopolarità, del "Vi prometto sudore, lacrime, sangue" alla Winston Churchill. Ed è la moda del momento.
Così la volontà dei feltrini, come quella di ogni altro elettorato, è poca cosa, il senso del bene pubblico diventa relativo e dipendente dai pensieri solitari del politico. E di quattro ULSS dolomitiche se posson fare due, e poi magari una e poi, forse chissà, più nessuna.
Lacrime e sangue, appunto. E giù gli applausi.
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