domenica 11 ottobre 2015

L'ANCI Veneto sulle ULSS

Documento dell'ANCI regionale circa la riforma della sanità veneta.


Pdl 23 e proposte di modifica:
·        Si propone di nominare i 21 Direttori Generali per il triennio 2016-2018 (per le attuali ulss esistenti, per l'Azienda ospedaliera di Padova e di Verona e per lo IOV), di attivare l’Azienda zero in gennaio 2016, l'azienda Zero non deve avere compiti di Programmazione e Controllo che restano in carico alla Direzione Generale Sanità e Sociale, organo tecnico dell’assessorato alla Sanità e al Sociale nonché del consiglio Regionale, ma deve fungere da ente terzo di controllo, verifica e ideazione di strategie a supporto della direzione generale sanità e sociale e delle ULSS del Veneto (come precedentemente era Agenzia regionale socio sanitaria del veneto e come era proposto anche dal PDL n. 356 “istituzione del centro regionale per l’epidemiologia, la qualità e la sicurezza (CEQuaS)” .
Un organo terzo di controllo e verifica come strumento di garanzia, di correttezza e trasparenza delle azioni espressione di un buon governo.
·        Di individuare le nuove ulss secondo ambiti territoriali omogenei entro il 2016, di preparare le nuove schede delle nuove ulss nel primo semestre 2017 e    dare mandato ai direttori generali di integrare le ulss secondo il nuovo assetto con nomina a dicembre 2018 dei nuovi Direttori Generali.
·        Si propone, inoltre, di individuare un ambito territoriale adeguato attorno alle attuali aziende ospedaliere di Padova e Verona (circa 350-400.000 abitanti) riperimetrando così in linea di massima 2 ulss di ambito ottimale territoriale (in sintesi: 12 ulss con al centro un ospedale di rete, 2 Aziende ospedaliere con un territorio di riferimento e IOV).
·        Rispetto a quanto proposto nell'attuale Proposta di Legge n. 23 vi sarebbero una riduzione delle ulss esistenti dalle attuali 21 a 12 più azienda ospedaliera di Padova e di Verona e IOV.
·        Per quanto riguarda l'eliminazione del Direttore dei servizi sociali si fa presente che:
1. Nel PSSR approvato con la scorsa legislatura finalmente si è portata a compimento l'integrazione socio sanitaria, iniziata nel 1984, affidando al direttore di servizi sociali anche la funzione territoriale, ovvero il governo complessivo delle attività territoriali, che non sono solo quelle sociali, ma anche quelle sociosanitarie a rilevanza sociale (una tra tutte le cure palliative, che ad oggi rappresentano una delle sfide anche economiche più impegnative del sistema). Eliminare il Direttore dei Servizi Sociali, riaccorpando le sue funzioni al Direttore Sanitario, significa rimettere il focus sull'ospedale e l'ospedalizzazione, contro ogni evidenza, teoria e pratica, della necessità di fare dell'ospedale il luogo dell'acuzie e del territorio il luogo della presa in carico integrata dei problemi delle persone.
2. In una Regione la cui amministrazione rivendica quotidianamente il primato di eccellenza della sanità, una delle eccellenze è stata proprio l'integrazione socio sanitaria, che ha permesso lo sviluppo di una rete di servizi più vicini al cittadino, con il coinvolgimento tramite le Conferenze dei Sindaci dei comuni e delle Aziende Sanitarie. Oggi l'integrazione è un modello cui stanno puntando altre regioni. Eliminarla, soprattutto in un momento di difficoltà per i comuni a riprendersi le deleghe alla luce del patto di stabilità, significa minare alla base i servizi per i cittadini. Proprio perché Sanità non coincide con Ospedalizzazione. Quando si dice che questa riforma del sistema consentirà tagli della spesa senza tagli ai servizi, non si presta sufficiente attenzione ai servizi del territorio, che saranno necessariamente ridotti e tagliati.
Venendo meno la direzione dei servizi sociali (del quale non si capisce la ragione o i vantaggi economici finanziari) verrebbe meno la peculiarità propria del SSR veneto caratterizzato da una forte integrazione socio-sanitaria. Il ruolo della conferenza dei sindaci viene ad essere totalmente sminuito, il Comune verrebbe a versare dei contributi all’Azienda Ulss senza avere nessun controllo sull’operato e sui livelli di assistenza erogati ai propri cittadini. La figura del direttore dei servizi sociali deve essere mantenuta.

E’ inoltre opportuno elaborare un piano economico-finanziario che evidenzi gli effettivi e veri risparmi indotti da questa riforma sanitaria.





Il BARD sulle ULSS

 Una nota del BARD sull'ipotesi di unificazione delle ULSS 


ULSS UNICA BELLUNESE
“L'AZIENDA DOLOMITICA E' CONTRO IL TERRITORIO”

“La vogliono chiamare Usl Dolomitica, ma sarà un'operazione decisamente dannosa per il nostro territorio”. La nascita di un'unica azienda sanitaria nel Bellunese, nata dalla fusione delle due Ulss provinciali, sarà l'ennesimo colpo alla sanità di montagna: ne è sicuro il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti, che raccoglie lo sfogo dei sindaci dell'Ulss 2 Feltre.
“Il taglio della spesa pubblica è sempre più necessario, – commentano dal direttivo – ma non è certo riducendo ancora i servizi alla montagna che si risolvono i problemi del Veneto e dell'Italia. Con la sanità “modello Zaia”, salta l'integrazione ospedaliera con il territorio, si sgretola il pilastro dell'integrazione socio - sanitaria che nel nostro territorio ha generato tanta qualità. Si vuole seguire il modello lombardo, con le unità operative in pochi centri (già il piano sanitario del 2011 concentrava in pianura la maggioranza delle unità operative complesse, facendo perdere a Belluno 6 unita operative complesse e due strategiche a Feltre, con pochi tra sindaci e cittadini che si resero conto della discesa nella qualità e nella  quantità delle prestazioni): un modello che depotenzia il pubblico e lascia spazio al privato, minando il concetto di universalità della garanzia alla salute. Prevenzione, cura e riabilitazione non possono dipendere dal portafoglio del cittadino”.
“La sanità è un diritto universale e deve essere garantita parimenti in tutti i territori: il presidente Zaia non può pensare solo a Treviso e alla pianura. Per noi bellunesi, l'unica strada per continuare a vivere nei nostri paesi è guardare al nord, alle altre terre alpine, quelle simili a noi, che hanno i nostri problemi e sanno come affrontarli”.
“Si risparmia la spesa di un ufficio di direzione generale, ma si taglia anche la figura del direttore dei servizi sociali. - continuano dal Bard – Si perde tutta l'autonomia dei direttori generali, a favore di una grande azienda regionale, la famigerata Uls “zero”, dalla quale dipenderanno decisioni come quelle, fondamentali, sulle assunzioni, alla faccia dell'autonomia, del federalismo e delle specificità dei territori”.

“Siamo orgogliosi – concludono dal movimento – che tutti i sindaci del territorio dell'Ulss 2 abbiano deciso di alzare la testa, anche quelli che due anni e mezzo fa hanno bocciato i referendum per il passaggio di confine, non capendo il reale intento politico della consultazione. Se i sindaci scenderanno in piazza contro questa decisione, noi saremo con loro: lo abbiamo fatto sul Ponte Cadore, lo faremo anche a Feltre, Lamon o dove vorranno”.

Gianmario Dal Molin sulle Ulss

Una nota di Gianmario Dal Molin sull’ipotesi di unificazione delle Ulss 

Dopo la presentazione del DDL regionale sull’unificazione delle Ulss che vede cancellata l’autonomia sanitaria del Feltrino in nome di un discutibile accentramento provinciale, occorre iniziare una battaglia civile e democratica di sensibilizzazione su due fronti: quello interno dell’opinione pubblica, delle associazioni e delle istituzioni e quello nei confronti della Regione che ha sempre visto con un occhio di riguardo la specificità del Feltrino il cui ospedale, interregionale, serve anche il Primiero.
Se vi è un territorio nel quale aveva un senso la vecchia programmazione regionale per aree ottimali e non per aree vaste,  in vigore da trentacinque anni,  è proprio quello della montagna per il quale la dimensione provinciale, come due secoli di improvvida esperienza  istituzionale dimostrano,  è sempre stata  nefasta. La sanità è sino ad oggi uno degli ultimi ambiti nei quali questa dimensione di area ottimale dei servizi avente per cento il binomio “ospedale - territorio” è stata rispettata ed è sotto gli occhi di tutti cosa ha fatto il Feltrino in ambito ospedaliero e in quello dei servizi sociali rispetto al Bellunese per il quale tutto veniva offerto su un piatto d’argento in quanto capoluogo di provincia. Ho sempre sostenuto, e ne  sono tuttora convinto, che Belluno, città di servizi, e dunque tendenzialmente “parassitaria”,  non ha mai avuto e non avrà mai i requisiti storici, culturali e politici per ridare al territorio ciò che sistematicamente gli sottrae. E questo sotto ogni profilo, amministrativo, economico e financo religioso. La filosofia dell’Ulss di Feltre è sempre stata all’incontrario quella di prediligere il territorio, dal Trentino alla Val Belluno, a scapito talvolta degli stessi servizi feltrini.
In montagna e soprattutto in campo sanitario e sociale è necessaria una guida “ a catena corta” che monitorizzi incessantemente i bisogni del territorio e ne riferisca autorevolmente  in Regione.  La deresponsabilizzazione a tutti i livelli che ne deriverebbe nel caso di una unificazione bellunocentrica sarebbe fatale per il Feltrino, come lo è stata per alcuni versi per le soppresse unità sanitarie locali del Cadore e dell’Agordino. Il Feltrino è per sua stessa natura e storia un area di confine vastissima che di “dolomitico” ha ben poco e su di esso confluiscono tuttora, oltre al Primiero, alcune zone della Bassa Valsugana e dell’Alto Trevigiano al punto di dire che se area vasta veneta deve essere ....meglio Treviso, come già stanno facendo alcune organizzazioni imprenditoriali e sindacali!

Gianmario Dal Molin

Il Documento del Comitato Pro Ospedale di Feltre

Testo del documento redatto dal Comtato Pro Ospedale sottoscritto da oltre quaranta associazioni dei comuni del Feltrino e del Primiero.


Comitato Pro Ospedale
Presso Centro Sportivo Italiano - Viale Mazzini 8
Tel. 0439 81111 Fax 83530 e mail csi.feltre@libero.it
Feltre
                                                                                              Feltre, 20 luglio 2015

            Il Comitato Pro Ospedale di Feltre, riunito in data odierna per esaminare il progetto di legge regionale n. 23 sulla riorganizzazione della sanità del Veneto, esprime il proprio forte dissenso verso un’operazione che ne stravolgerebbe l’assetto, quale si è venuto a strutturare in maniera perfettamente consona con le sue realtà territoriali.
            Se nella presenta fase storica, l’imperativo per lo Stato è di eliminare gli sprechi, ciò non può diventare, a livello politico-amministrativo, un brutale esercizio di tagli indiscriminati dei servizi, soprattutto nel delicato campo socio-sanitario e soprattutto in zone difficili come la montagna.
* * *
            I punti del PDL che appaiono maggiormente critici sono i seguenti:
A)     Il superamento di fatto delle sinergie fra servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, che da sempre ha caratterizzato il Veneto (e in particolare l’Ulss 2 di Feltre), cancellando  totalmente (almeno in questa fase) il ruolo degli enti locali e della conferenza dei sindaci.

B)      La eccessiva concentrazione di funzioni (e poteri) in capo alla cosiddetta “Azienda Zero” e al suo Direttore Generale. Essa appare bensì utile ai fini del coordinamento e della programmazione (massime in sede di verifica e controllo) e di razionalizzazione del provveditorato nella logica dei costi-standard, a patto però di alzare solide barriere anti-corruzione (la nomina da parte del D.G. del Collegio Sindacale non va certo in questo senso) e di condividere con le Aziende le procedure di selezione del personale medico.

C)      La drastica riduzione del numero delle Ulss, che scardina brutalmente il principio perfettamente funzionale alla realtà policentrica del Veneto, secondo il modello “Ospedale-Territorio” e di aree ottimali fortemente agganciate ad esso.

E’ alle conseguenze di quest’ultimo aspetto che il Feltrino si ribella più decisamente, reclamando la sopravvivenza della propria Azienda Sanitaria, non per mera rivendicazione dello status-quo, o per ragioni di tipo campanilistico,  ma perché sussistono ragioni ben precise per ritenere che da una fusione delle due Ulss provinciali non discenderebbe, a livello provinciale, un miglioramento dei servizi, ma un loro peggioramento.
                Rilevato preliminarmente come appaia anacronistico rifarsi ai confini delle vecchie province, destinate a sparire come istituzioni locali intermedie, rispondenti a logiche ottocentesche di delimitazione di aree omogenee; e come il dibattito politico suscitato dal PDL in questione produrrà certamente la cassazione di più di uno degli accorpamenti previsti, tre sono le ragioni del dissenso:
1)      L’Ulss di Feltre ha un bacino reale d’utenza che travalica, appunto, i confini provinciali, sia verso l’Alto Trevigiano che la parte orientale dell’Altopiano di Asiago, sia soprattutto verso il Trentino (l’ intero Primiero e parte dell’Alta Valsugana e del Tesino). E’ per tale ragione, del resto, che l’ultimo PSSR classificò l’ospedale di Feltre quale “presidio a valenza extra-regionale”.
2)      La sempre invocata ma mai concretizzata “specificità” della montagna, sancita dalla LR 25/14 con particolare riferimento al territorio della provincia di Belluno, dovrebbe suggerire un’applicazione, appunto, speciale dei criteri stabiliti per la pianura, costituendo motivo politicamente più che sufficiente per derogare, qui come presumibilmente altrove, dai principi adottati.
3)      Il concetto di area vasta a dimensione provinciale appare incongruo per una area vastissima come quella della montagna nel mente appare parimenti inapplicabile il concetto di struttura hub  per l’ospedale di Belluno, inidoneo sotto ogni profilo, (strutturale, demografico, professionale ecc.) a ricoprire tale ruolo, per sua stessa natura estendibile a poche grandi realtà ospedaliere regionali.
* * *
                L’occasione sembra invece propizia per ripensare l’articolazione territoriale del Veneto, dove accanto ai capoluoghi di provincia esistono altrettanti centri “secondari” che però organizzano attorno a sé porzioni ben riconoscibili di territorio, sufficientemente vaste da giustificare una nuova distribuzione di funzioni amministrative, partendo appunto dalla sanità. Ciò porrebbe la Regione Veneto all’avanguardia nell’applicazione della Legge Delrio di riforma degli enti locali, attualmente in posizione di stallo, razionalizzando l’attuale enorme divario fra un’area metropolitana “monstre” e una dispersione di micro-Comuni, privi di qualsiasi forza propulsiva.
                Per il Feltrino si tratterebbe in più di attivare intese con la vicina Provincia Autonoma di Trento, per una integrazione sanitaria crescente con i territori gravitanti sull’ospedale di Feltre.
                
     La giustificazione degli accorpamenti basata sul “risparmio” di figure apicali di direzione che ne seguirebbe, è facilmente confutabile. Ricorrendo ad una logica moderna di management aziendale, sarebbe sufficiente affidare ad uno staff ridotto la governance delle Aziende Sanitarie: uno staff composto cioè dal Direttore Generale, dal Direttore dell’ ospedale e dal Direttore del Distretto, dato che con l’istituzione dell’Azienda Zero vengono meno molte funzioni di direzione strategica e molte funzioni di tipo amministrativo e gestionale, intatta restando l’esigenza di un controllo quotidiano su strutture e servizi che all’interno di mega strutture come quelle delineate sarebbero fatalmente lasciate in balia di se  stesse.  Siccome una delle motivazioni maggiori strumentalmente esibite è quella della riduzione della spesa, questo modello permetterebbe di conseguire gli stessi risparmi, pur mantenendo in vita tutte e 21 le Ulss attuali. Si creerebbe così un modello virtuoso che – mutatis mutandis -  applica alla sanità regionale le antiche pratiche di governo della “Serenissima”, con un forte accentramento da un lato ed un altrettanto forte contrappeso periferico dall’altro.
* * *
                Il Comitato Pro Ospedale di Feltre, fortemente preoccupato per il futuro della sanità provinciale, auspica pertanto una mobilitazione degli Enti Locali e delle Associazioni operanti nel territorio, per portare avanti le istanze illustrate nel presente documento, in un rapporto dialettico rispettoso ma fermo fra cittadini e istituzioni.


venerdì 19 giugno 2015

Protocollo sulla scuola fra Belluno e Trento

Questo protocollo nasceva nel gennaio del 2013 quando si erano incontrati, come riferisce La Voce del Nord'Est, «presso la Sala Giunta della Comunità di Primiero, alla presenza del presidente Cristiano Trotter e dell’assessore della Comunità, Marco Zeni, [...] i presidi e i rappresentanti degli istituti superiori feltrini, il dirigente scolastico dr. Alessandro Bonesini e il direttore dell’Enaip di Primiero dr. Fausto Eccher, il dirigente del Servizio Istruzione della Provincia di Trento dr. Roberto Ceccato, la dr.ssa Faoro della Provincia di Belluno, il prof. Maurizio Milani referente per l’orientamento dell’Ufficio Scolastico di Belluno, Graziano Baster (Polo di Feltre, Colotti – Rizzarda), per il Liceo Dal Piaz, Giampietro Da Rugna, per ITI Negrelli-Forcellini, Costantina Facchin, per il Liceo Canossiane, Stefano Serafin e per Enaip Feltre, Marta Fornaro.
L’incontro era stato organizzato e promosso dai referenti della Rete Orientamento di Primiero, Delia Scalet, Dino Zanetel e Fabio Longo in collaborazione con la Comunità di Primiero.»
Dunque si parlò di scuole feltrine e primierotte fra dirigenti e referenti scolastici e funzionari delle rispettive Province, con due amministratori pubblici del Primiero. Nessun  rappresentante della popolazione feltrina era presente.

Poi un vuoto di memoria: non ricordo nè che il Distretto Formativo del Feltrino nè che l'Unione Montana Feltrina siano mai stati coinvolti nel protocollo sulla scuola.
E' un vuoto di memoria il mio o è soltanto un vuoto di democrazia?


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 Delibera di Giunta della Provincia di Belluno n.218 del 05/12/2012

PROTOCOLLO D’ INTESA TRA

PROVINCIA DI BELLUNO, qui rappresentata dal Dirigente del Settore Sviluppo Economico sociale e culturale dott.ssa Gabriella Faoro, a ciò autorizzata in virtù dell’art.27 dello Statuto provinciale e della deliberazione delle Giunta provinciale n.218 di data 05.12.2012;

L’UFFICIO SCOLASTICO – AMBITO TERRITORIALE N. VIII DELLA REGIONE VENETO qui rappresentato dal dirigente vicario dell’Ufficio scolastico Territoriale di Belluno dott.ssa Daniela Del Pizzol, a ciò autorizzata ai sensi della disposizione dell’UST n.11251 del 29.12.2004;

LA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, qui rappresentata dalla dott.ssa Marta Dalmaso, Assessore all’Istruzione, a ciò autorizzata in virtù dell’art. 1 del DPR 1.11.1973, n. 690, della L.P. 30.7.1987, n. 12, art. 2 e della deliberazione della Giunta Provinciale n.2655 di data 07.12.2012;

LA COMUNITA’ DI PRIMIERO qui rappresentata dal Presidente pro-tempore dott.Cristiano Trotter a ciò autorizzato in virtù dell’art.13 dello Statuto della Comunità e della deliberazione della Giunta della Comunità n.163 di data 28.11.2012.

Premesso che:
- nello scenario locale i comuni del Trentino e del Bellunese, situati sulla linea di confine, costituiscono centri di attrazione privilegiati dei flussi migratori degli studenti, specialmente di quelli in diritto-dovere all’istruzione ed alla formazione professionale, che negli ultimi anni ha raggiunto una consistenza numerica rilevante. Infatti si e’ via via registrata negli ultimi anni una richiesta cospicua di studenti della Provincia di Belluno che, attratti dall’offerta formativa programmata dalla Provincia Autonoma di Trento, intendono frequentare i rispettivi percorsi di istruzione e Iefp erogati dalle Istituzioni scolastiche e formative provinciali e paritarie del Trentino; viceversa, sempre più frequente è la richiesta di studenti del Trentino che si rivolgono alle Istituzioni scolastiche e formative della Provincia di Belluno per usufruire dei percorsi di istruzione e di Iefp programmati dalla Regione Veneto;

-sulla base delle rispettive competenze la Provincia di Belluno, la Provincia Autonoma di Trento e la Comunità di Primiero rilevano l’esigenza di cooperare al fine di meglio corrispondere ai bisogni educativi e formativi dei rispettivi territori dei comuni viciniori e tutelare cosi le pari opportunità delle famiglie degli studenti che intendono frequentare i percorsi di Istruzione e di Iefp realizzati sulla base dei rispettivi ordinamenti;

- i suddetti Enti condividono il ruolo di centralità assunto dall’istruzione e dalla formazione professionale nei processi di crescita e modernizzazione della società e considerano il raccordo del territorio dei comuni viciniori, nell’ambito dei servizi di istruzione, formazione e mondo del lavoro, un fattore strategico sia per le imprese che per i giovani che si affacciano al mercato del lavoro, specie nell’attuale contesto di razionalizzazione e contenimento delle risorse pubbliche;

- l’adesione al presente protocollo è stata decisa dai competenti organi, con appositi provvedimenti;

CONCORDANO
La Provincia Autonoma di Trento – Dipartimento della Conoscenza, la Comunità di Primiero, la Provincia di Belluno e l’Ufficio Scolastico Territoriale VIII, intendono realizzare, in condizioni di reciprocità, una rete coordinata nel settore dell’istruzione e della formazione professionale per favorire l’ottimizzazione della fruibilità dell’offerta scolastica e formativa presente nei rispettivi territori da parte degli studenti e promuovere, conseguentemente, un ulteriore sviluppo socio-economico dell’area di confine
In particolare, la collaborazione tra i soggetti firmatari del presente Protocollo di intesa è mirata a raggiungere i seguenti obiettivi:

- accogliere, in condizioni di reciprocità, le domande di iscrizione degli studenti dei percorsi di istruzione scolastica e di formazione professionale rientranti nell’ambito del diritto-dovere all’istruzione ed alla formazione professionale all’interno delle Istituzioni scolastiche e formative provinciali e paritarie dislocate nei comuni viciniori delle due Province;

- facilitare nei rispettivi territori – attraverso la collaborazione di tutti gli enti preposti – l’accesso, l’inserimento, il successo formativo e la regolarità della frequenza dei percorsi formativi, garantendo così l’espletamento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione professionale;

- agevolare lo scambio e la circolazione delle esperienze e delle buone prassi mediante l’organizzazione di momenti di confronto periodico tra le reti per l’orientamento presenti nei rispettivi territori;

- promuovere reciprocamente l’offerta scolastica e formativa presente nei due territori;

- nell’ambito delle attività di orientamento promosse e/o realizzate da ciascun ente nei confronti di tutti i possibili utenti (studenti, famiglie, operatori), diffondere la conoscenza dei diversi sistemi formativi presenti nei due territori per agevolare la scelta scolastico-professionale dei rispettivi studenti;

- favorire scelte programmatorie più consapevoli da parte dei soggetti preposti grazie anche allo scambio di dati in forma aggregata sui flussi di accesso alle istituzioni scolastiche e formative nelle aree territoriali confinanti.

3) DIFFUSIONE DEL PROTOCOLLO D’ INTESA
Le Parti si impegnano a promuovere – nei modi che riterranno più opportuni – la diffusione dei contenuti del presente protocollo e dei rispettivi esiti in divenire tra tutte le istituzioni scolastiche e formative provinciali e paritarie presenti nelle due province e gli enti locali interessati.

4) DECORRENZA E DURATA
Il presente protocollo di intesa decorre dalla data di sottoscrizione e ha durata permanente fino alla formale disdetta di una delle parti firmatarie. Ognuna delle parti potrà disdire il protocollo tramite raccomandata a/r e potrà procedere alla sua rescissione ove si verifichino violazioni degli impegni sottoscritti, contestati per iscritto, con le motivazioni del caso.

5) FORME STABILI DI CONSULTAZIONE.
Le parti firmatarie del presente protocollo di intesa si impegnano ad attuare forme stabili di consultazione con l’obiettivo di ogni ampio confronto sulla sua attuazione e su ogni altra azione finalizzata ad elevare la qualità del rispettivo sistema formativo.



6) ACCORDI SUCCESSIVI
Qualora si renda necessario, per un più efficace svolgimento delle attività oggetto del presente protocollo di intesa, le Parti potranno stipulare specifici accordi operativi.

7) CONTROVERSIE
Ogni controversia derivante dall’esecuzione del presente protocollo di intesa che non venga definita bonariamente sarà devoluta all’organo competente previsto dalla vigente normativa.

8) ESECUTIVITA’.
Il presente protocollo, per divenire esecutivo, dovrà essere ratificato dai rispettivi organi deliberativi
competenti degli enti firmatari.

9)  REGIME FISCALE.
Per il presente atto si invoca l'esenzione dal bollo ai sensi dell'art. 16 dalla tabella allegato B) al Decreto del Presidente della Repubblica 26.10.1972 n. 642 ed ai sensi della Legge n. 210
del 17.05.1985.

Letto, confermato e sottoscritto.


FIRMA DELLE PARTI
....



fonti: 
http://attiamministrativi.provincia.belluno.it/pratiche/dett_registri.php?id=9565
http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/trento/cronaca/2013/01/30/news/trento-e-belluno-unite-dalla-scuola-1.6445136
http://www.lavocedelnordest.eu/protocollo-scuola-trento-belluno-nuovo-incontro-a-primiero/
http://www.lavocedelnordest.eu/comunita-primiero-provincia-di-belluno-protocollo-sulla-scuola/

mercoledì 10 giugno 2015

Una proposta per l'accoglienza non discriminatoria

Altri 630 presunti profughi in arrivo nel Veneto. E' un esodo spaventoso che non accenna a diminuire.
L'Unione Europea elargisce generosamente i nostri soldi, e dispensa ordini e raccomandazioni. Il governo ossequioso, ordina ai prefetti di provvedere e i prefetti imbastiscono qualcosa per sistemare i nuovi arrivi. Senza naturalmente passare per il consenso della Regione o dei sindaci, o dei cittadini, ai quali si impone l'accoglienza, senza tanti complimenti.
E cercano dei privati che siano interessati a godere dei proventi erogati dall'UE: 30 € al giorno circa per ciascun immigrato, per tutti i mesi di permanenza (tanto per far intuire le motivazioni umanitarie di chi ospita).


A Montebelluna arriva dalla Sicilia (Regione dotata del 100% di autonomia amministrativa) un pullman di cittadini stranieri, e lì condotti, all'insaputa del sindaco, 
vengono abbandonati a bivaccare alla stazione. Cose da Italietta renziana.

Che fare? 
Intanto togliere un po' del buonismo illusorio che che ci affligge e che è la principale attrattiva dell'UE, e soprattutto dell'Italia. 
Se continuiamo a dare l'immagine di noi come di un Paese in cui si può delinquere senza troppe conseguenze, in cui si può essere clandestini senza commettere alcun reato, si può girare e vendere di tutto e dappertutto senza sanzioni, senza pagare nemmeno le tasse, e si può ricevere cure mediche di ogni livello a spese dei contribuenti (che intanto però non ce la fanno più...) e si mantiene un qualsiasi "forse-profugo" (nel dubbio che lo sia davvero) spendendo per il lui ben il doppio di quel che si dà a un nostro pensionato minimo italiano (che sopravvive con 448,52 € al mese e hanno da pensare con quella cifra a vitto alloggio e cure mediche).

Alla fine una proposta io ce l'avrei.
Chi vuole ospitare un migrante a casa sua (per 15 € al giorno ad immigrato) si rende disponibile presso i Comuni e versa al suo Comune una cauzione di garanzia di 1000 € per coprire eventuali problemi di convivenza sociale e di vicinato. Poi, acquisito il parere favorevole del Comune, il cittadino può ospitare gli arrivati sotto il suo tetto e ricevere il relativo assegno fino alle già menzionate  448,52 € al mese per ciascuno di loro. Gli stessi soldi che riceve un pensionati mimino italiano, perché il razzismo è una cosa inaccettabile. 
Il denaro che serve alla copertura degli assegni di mantenimento non è prelevato dalle tasse, ma da un apposito fondo istituito dallo stato e finanziato con donazioni volontarie dei cittadini, o con il 5 per mille, oppure è finanziato da un Ente associativo istituito cui possano iscriversi i cittadini sostenitori interessati. Chi potrebbe obiettare a una cosa del genere? 
Allo stato (quindi ai contribuenti) resterebbero comunque tutte le spese relative all'assistenza sanitaria e alla scuola dei minori. E va pure bene così. 

mercoledì 27 maggio 2015

Schizzo a matita per una Regione Triveneta



Uno schizzo a matita, per dire a voce alta un sogno di autonomia. Senza pretese profetiche, senza credermi troppo originale,  metto a disposizione di chi è interessato un'idea che coltivo da diversi anni.
  • Ai sensi dell’art. 131 titolo V del dettato costituzionale è costituita la Regione Triveneta*
  • Alla Regione Triveneta sono aggregati i Comuni  appartenenti alle regioni Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.
  • Alla Regione Triveneta si applica quanto previsto dall’art. 116 tit. V della Legge Costituzionale per il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, ovvero che essa disponga di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo uno statuto speciale adottato con legge costituzionale.
  • Nell’ambito della Regione Triveneta  sono estese a tutti i territori e garantite dalla Repubblica le medesime prerogative di autonomia già in essere nelle aree amministrative dotate di statuto speciale ai sensi degli artt. 116 e 117 del dettato costituzionale.
  • Ai territori contraddistinti dalla presenza di minoranze linguistiche e ai comuni interamente montani della Regione sono assicurate ulteriori forme di autonomia da esercitarsi in forma associata entro ambiti ottimali individuati dai comuni stessi.
 * Denominazione provvisoria.

Una regione composita, dunque, costruita di diversità e di autonomie(1), con una storia alle spalle fatta di continue relazioni economiche, sociali e culturali tra le sue popolazioni. Come pure di confini artificiosi da smontare, confini come quello che separa ancor oggi il Feltrino dal Primiero e dalla Valsugana, per esempio, o il Cadore e Sappada dalla Carnia. 
Una regione di popoli, di montagna e di pianura, riequilibrati, anche nei numeri e nelle proporzioni territoriali, fra di loro. Dotata di strumenti legislativi e strutturali adatti a governare ogni area omogenea con le dovute peculiarità.

Ma come andrebbe costruita questa regione? 
Non certamente operando dall'alto, non alla "napoleonica", ma destrutturando pian piano, piuttosto, i confini che le segmentano, permettendo per esempio la gestione comune di politiche e di servizi anche su base distrettuale sovraregionale, e interregionale. O, ancora, favorendo l'instaurarsi di istituzioni e tavoli di governo comuni che vedano sedere insieme gli amministratori pubblici di tutte e tre le attuali regioni. Sindaci del Trentino Alto Adige con sindaci del Veneto, e sindaci del Veneto con sindaci del Friuli Venezia Giulia. favorendo la creazione di "comunità a scavalco". E favorendo inoltre la possibilità di istituire Camere di Commercio o Associazioni di categoria che sorpassino i confini regionali. 


(1) Separare con confini rigidi i popoli alpini da quelli di pianura a lungo termine è controproducente per tutti. Se la logica è quella di mettere insieme i popoli alpini allora la regione prospettata va esattamente in questa direzione, ma non lo fa con un'ottica "curtense" e di piccolo cabotaggio, bensì con una visione aperta ed inclusiva. Non si tratta qui di ricalcare l'attuale modello regionale, ma di costruire un modello tutto nuovo, il modello di una "regione delle autonomie e delle specificità". Una regione fatta di comunità e di identità diverse, che sia modello per un'Europa dei popoli che ancora non si è mai vista.



lunedì 18 maggio 2015

L'autonomia.... a chi?

Supponiamo per un momento che il genio dalla lampada si offra di concedere magicamente una vera autonomia alla montagna veneta: a chi vorremmo che fosse intestata detta facoltà? 
"All'ente provinciale!", ci sembra senza dubbio di dover rispondere, com'è per Trento e per Bolzano. Ma siamo certi che questa sarebbe davvero una scelta lugimirante per noi?
Vediamo un po'. 
Gli enti provinciali sono, da sempre, quelli più discussi e più assediati fra gli enti del governo territoriale. Con scadenza periodica, infatti, vi è chi ne propone l’abolizione, ritenendo che essi siano un livello istituzionale inutile, ben sostituibile con un migliore e più definito assetto delle competenze e dei poteri fra le Regioni ed i Comuni.
Orbene, l'autonomia è un valore importante, un tesoro prezioso: e chi mai metterebbe un tesoro prezioso in un luogo così frequentemente esposto agli assedi e alle tempeste della politica?

Ma allora dove dovremmo chiedere che il genio della lampada riponga la nostra autonomia perchè essa non vada cancellata, sottratta, perduta appena l'indomani del suo magico conseguimento? Su quale barca la dovremo caricare, se quella provinciale ci appare, e a ragione, tanto insicura ed esposta alle tempeste?

Io suggerisco che al genio si chieda di riporre la nostra autonomia non in una sola grande nave provinciale, ma nella "flotta" intera dei piccoli agili vascelli comunali, degli enti più antichi, più stabili e più sicuri della nostra repubblica, quelli che con molta difficoltà verrebbero un domani cancellati dalla nostra Costituzione: i comuni. Così mi sentirei al sicuro.
 
La norma "geniale" dovrebbe dunque prevedere l'assegnazione delle autonomie speciali agli enti comunali, definiti e individuati dalla legge stessa; dovrebbe inoltre obbligare tali enti a individuare da loro stessi gli ambiti ottimali (gruppi di comuni, unioni montane, gruppi di unioni, aree provinciali o interprovinciali o addirittura interregionali...) in cui esercitare, in forma necessariamente associata, le competenze loro assegnate, una per una, permettendo così alle varie comunità naturali di ridisegnare buone "geometrie" di governo, e di creare strumenti e livelli efficaci per esercitare ogni funzione ricevuta. E  praticare, con ciò, una responsabile democrazia politico-amministrativa radicata e aderente al territorio.