Supponiamo per un momento che il genio dalla lampada si offra di concedere magicamente una vera autonomia alla montagna veneta: a chi vorremmo che fosse intestata detta facoltà?
"All'ente provinciale!", ci sembra senza dubbio di dover rispondere, com'è per Trento e per Bolzano. Ma siamo certi che questa sarebbe davvero una scelta lugimirante per noi?
Vediamo un po'.
Gli enti provinciali sono, da sempre, quelli più discussi e più assediati fra gli enti del governo territoriale. Con scadenza periodica, infatti, vi è chi ne propone l’abolizione, ritenendo che essi siano un livello istituzionale inutile, ben sostituibile con un migliore e più definito assetto delle competenze e dei poteri fra le Regioni ed i Comuni.
Orbene, l'autonomia è un valore importante, un tesoro prezioso: e chi mai metterebbe un tesoro prezioso in un luogo così frequentemente esposto agli assedi e alle tempeste della politica?
Ma allora dove dovremmo chiedere che il genio della lampada riponga la nostra autonomia perchè essa non vada cancellata, sottratta, perduta appena l'indomani del suo magico conseguimento? Su quale barca la dovremo caricare, se quella provinciale ci appare, e a ragione, tanto insicura ed esposta alle tempeste?
Io suggerisco che al genio si chieda di riporre la nostra autonomia non in una sola grande nave provinciale, ma nella "flotta" intera dei piccoli agili vascelli comunali, degli enti più antichi, più stabili e più sicuri della nostra repubblica, quelli che con molta difficoltà verrebbero un domani cancellati dalla nostra Costituzione: i comuni. Così mi sentirei al sicuro.
La norma "geniale" dovrebbe dunque prevedere l'assegnazione delle autonomie speciali agli enti comunali, definiti e individuati dalla legge stessa; dovrebbe inoltre obbligare tali enti a individuare da loro stessi gli ambiti ottimali (gruppi di comuni, unioni montane, gruppi di unioni, aree provinciali o interprovinciali o addirittura interregionali...) in cui esercitare, in forma necessariamente associata, le competenze loro assegnate, una per una, permettendo così alle varie comunità naturali di ridisegnare buone "geometrie" di governo, e di creare strumenti e livelli efficaci per esercitare ogni funzione ricevuta. E praticare, con ciò, una responsabile democrazia politico-amministrativa radicata e aderente al territorio.
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