lunedì 29 dicembre 2014

La giustizia per... Pinocchio.

da Le avventure di Pinocchio - Storia di un burattino di Carlo Collodi -  (1883)




 Capitolo 19
XIX.

Pinocchio è derubato delle sue monete d’oro e, per gastigo
si busca quattro mesi di prigione.

[...]

...Sappi dunque che, mentre tu eri in città, la Volpe e il Gatto sono tornati in questo campo: hanno preso le monete d’oro sotterrate, e poi sono fuggiti come il vento. E ora chi li raggiunge, è bravo! ―
Pinocchio restò a bocca aperta, e non volendo credere alle parole del Pappagallo, cominciò colle mani e colle unghie a scavare il terreno che aveva annaffiato. E scava, scava, scava, fece una buca così profonda, che ci sarebbe entrato per ritto un pagliaio: ma le monete non c' erano più.
Preso allora dalla disperazione, tornò di corsa in città e andò difilato in tribunale, per denunziare al giudice i due malandrini, che lo avevano derubato.
Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla: un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d’oro, senza vetri, che era costretto a portare continuamente, a motivo d’una flussione d’occhi, che lo tormentava da parecchi anni.



Pinocchio, alla presenza del giudice, raccontò per filo e per segno l’iniqua frode, di cui era stato vittima; dette il nome, il cognome e i connotati dei malandrini, e finì chiedendo giustizia.
Il giudice lo ascoltò con molta benignità; prese vivissima parte al racconto: s’intenerì, si commosse: e quando il burattino non ebbe più nulla da dire, allungò la mano e suonò il campanello.
A quella scampanellata comparvero subito due can mastini vestiti da giandarmi.
Allora il giudice, accennando Pinocchio ai giandarmi, disse loro:
— Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque e mettetelo subito in prigione. ―



Il burattino, sentendosi dare questa sentenza fra capo e collo, rimase di princisbecco e voleva protestare: ma i giandarmi, a scanso di perditempi inutili, gli tapparono la bocca e lo condussero in gattabuia.
E lì v’ebbe a rimanere quattro mesi: quattro lunghissimi mesi: e vi sarebbe rimasto anche di più, se non si fosse dato un caso fortunatissimo. Perchè bisogna sapere che il giovane Imperatore che regnava nella città di Acchiappacitrulli, avendo riportato una gran vittoria contro i suoi nemici, ordinò grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di barberi e velocipedi, e in segno di maggiore esultanza, volle che fossero aperte le carceri e mandati fuori tutti i malandrini.
— Se escono di prigione gli altri, voglio uscire anch’io — disse Pinocchio al carceriere.
— Voi no, — rispose il carceriere — perchè voi non siete del bel numero....
— Domando scusa; — replicò Pinocchio — sono un malandrino anch’io.
 — In questo caso avete mille ragioni, — disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprì le porte della prigione e lo lasciò scappare.

Autonomia & Filosofia in forma di favola

 1 agosto 2014 alle ore 10.24

IL LUPO E IL CANE, LIBERTA’ E SERVITU’

Per meglio meditare sul tema dell'autonomia e delle fusioni fra comuni propongo questa splendida favola di Fedro.

Un giorno un lupo stremato dalla fame incontrò un cane di bell'aspetto e ben nutrito.
Il lupo chiese stupito: "Come hai potuto, o cane, diventare così forte e robusto, mentre io che sono un lupo muoio di fame? ".
Il cane rispose: "anche tu potresti godere degli stessi benefici, rendendo ad un padrone un servizio identico al mio".
“Quale ? " chiese il lupo.
Allora il cane spiegò: "Di giorno faccio la guardia alla sua porta e di notte difendo la casa dai ladri".
"Patisco neve e pioggia nei boschi”, disse il lupo, “dunque, volentieri ti seguirò per avere una vita più comoda".

Cammin facendo il lupo si accorse che il cane aveva il collo segnato e malconcio, allora, gli chiese quale ne era la causa.
Il cane rispose che il padrone lo legava spesso ad una catena perché si abituasse a dormire di giorno per vegliare di notte, ma, spiegò, in cambio aveva cibo a sufficienza, bocconcini prelibati e un riparo sicuro.
”Benone” rispose il lupo, " ma se ti salta in mente di andare in qualche posto, puoi farlo?".
“Assolutamente no”, rispose il cane.
“A queste condizioni”, disse il lupo,"goditi pure i tuoi privilegi: al cibo preferisco la libertà”

Belluno, il vaso di coccio.

  15 dicembre 2013 alle ore 10.17

 «...s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro.»





 BELLUNO

Funzioni istituzionali della Provincia di Belluno (ddl Delrio)

Con le risorse che lo stato mette a disposizione del territorio provinciale - i x/10 del gettito fiscale prodotto dal territorio - la Provincia di Belluno gestirà le competenze ei servizi di seguito elencati.

FUNZIONI FONDAMENTALI
  • pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza, con particolare riferimento alla difesa del suolo;
  • pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
  • programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;
  • raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
  • cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione in forma associata di servizi in base alle specificità del territorio medesimo;
  • cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale e enti territoriali di altri Paesi, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti.



 TRENTO


Competenze della Provincia autonoma di Trento

Con le risorse che lo Statuto di Autonomia mette a disposizione del Trentino - i 9/10 del gettito fiscale prodotto dal territorio - la Provincia autonoma di Trento gestisce praticamente tutte le competenze e tutti i servizi che altrove vengono gestiti dallo Stato italiano. Qui di seguito un elenco sintetico.

COMPETENZE ISTITUZIONALI
  • affari finanziari;affari istituzionali;
  • organizzazione, personale, sistemi informativi e di telecomunicazione;
  • funzioni delegate dallo Stato in materia di sistemi di comunicazione;
  • informazione e comunicazione;
  • affari generali;
  • espropriazioni per pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale;
  • riforma istituzionale;
  • finanza locale;
  • vigilanza e tutela sulle amministrazioni comunali, sui consorzi e sugli enti e istituti locali, ad eccezione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, delle aziende di promozione turistica;
  • comprensori, compresa la vigilanza e la tutela;
  • usi civici;
  CULTURA
  • tutela e promozione delle minoranze linguistiche;
  • tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare;
  • usi e costumi locali e istituzioni culturali, accademie, istituti e musei aventi carattere provinciale, biblioteche, ivi comprese le biblioteche scolastiche;
  • manifestazioni ed attività artistiche, culturali ed educative locali;
  • toponomastica;
 ISTRUZIONE, UNIVERSITA', RICERCA
  • Università ricerca scientifica, edilizia universitaria e assistenza universitaria nonchè le funzioni di cui alla legge 14 agosto 1982, n. 590;
  • addestramento e formazione professionale, ad esclusione di quanto riservato all’Assessore all’istruzione e sport;
  • asili nido;
  • scuola materna;
  • edilizia scolastica, ad esclusione di quanto attribuito all'Assessore ai lavori pubblici, ambiente e trasporti;
  • istruzione elementare e secondaria (media, classica; scientifica, magistrale, tecnica, professionale e artistica);
  • assistenza scolastica;
  • formazione professionale di base;
SOCIETA'
  • polizia locale e sicurezza urbana;
  • emigrazione;
  • coordinamento delle politiche a favore dei giovani;
  • attività sportive e ricreative con relativi impianti e attrezzature;
  • tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo.
  • vigilanza e sorveglianza sugli uffici del giudice di pace;
  • iniziative per la promozione della pace;
  • interventi per la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna.
ECONOMIA, LAVORO, PRODUZIONE
  • patrimonio e demanio;
  • società controllate e partecipate;
  • funzioni delegate in materia di Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato;
  • politiche del lavoro;
  • apprendistato, libretti di lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori;
  • costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali per l’assistenza e l’orientamento dei lavoratori nel collocamento;
  • costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di controllo sul collocamento;
  • competenza in materia di collocamento e avviamento al lavoro di cui al primo comma dell’art. 10 dello Statuto speciale, nonchè le funzioni delegate dallo Stato;
  • competenze in materia di energia, anche relativamente agli articoli 12 e 13 dello Statuto speciale e al d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, come modificato e integrato dal decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (comprese tutte le attività relative alla produzione, trasporto, distribuzione, importazione, esportazione, trasformazione, acquisto e vendita dell’energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta, quindi anche mediante l’utilizzo delle acque pubbliche a mezzo di concessioni sia di grandi che di piccole derivazioni);
  • coordinamento interventi Interporto e Autostrada del Brennero;
  • programmazione;
  • indirizzi di politica economica e coordinamento delle relative azioni, compresi i rapporti con Trentino sviluppo;
  • coordinamento degli interventi e dei progetti attuativi delle politiche comunitarie e interventi per lo sviluppo locale;
  • incremento della produzione industriale, ivi comprese le aree per il potenziamento industriale;
  • miniere, cave e torbiere;
  • artigianato;
  • commercio (esclusi gli interventi per la promozione e la commercializzazione dei prodotti trentini a favore delle imprese singole e associate).
  • agricoltura, patrimonio zootecnico ed ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie sperimentali, servizi antigrandine, bonifica;
  • ordinamento delle minime proprietà colturali;
  • alpicoltura;
  • agriturismo;
  • fiere e mercati;
  • turismo e industria alberghiera, comprese le guide, i portatori alpini, i maestri di sci e le scuole di sci;
  • acque minerali e termali;
  • linee funiviarie e impianti a fune;
  • vigilanza sulle aziende di promozione turistica;
  • interventi per la promozione e la commercializzazione dei prodotti trentini a favore delle imprese singole e associate.
  • edilizia comunque sovvenzionata, totalmente o parzialmente da finanziamenti a carattere pubblico, comprese le agevolazioni per la costruzione di case popolari in località colpite da calamità e le attività che enti a carattere extraprovinciale esercitano nella provincia con finanziamenti pubblici.
  • interventi provinciali per lo sviluppo dell'economia cooperativa e funzioni delegate in materia di cooperazione e vigilanza sulle cooperative.
 AMBIENTE, TERRITORIO, TRASPORTI, OPERE PUBBLICHE
  • corpo forestale;
  • caccia e pesca;
  • funzioni delegate in materia di servizi antincendi;
  • prevenzione rischi e protezione civile;
  • interventi provinciali per il ripristino e valorizzazione ambientale;
  • edilizia pubblica di competenza della Provincia;
  • viabilità e relativo demanio;
  • funzioni delegate dallo Stato in materia di viabilità;
  • opere igienico-sanitarie e politiche per la gestione dei rifiuti;
  • demanio idrico e polizia idraulica relativamente ai corsi d'acqua di tutte le categorie;
  • opere idrauliche di tutte le categorie;
  • opere di prevenzione e di pronto intervento per calamità pubbliche, relative ai bacini montani;
  • utilizzazione delle acque pubbliche, ad esclusione dell'utilizzazione delle acque pubbliche a scopo idroelettrico;
  • porti lacuali;
  • tutela dell'ambiente;
  • parchi per la protezione della flora e della fauna;
  • gestione dei parchi naturali, compreso il Parco dello Stelvio
  • urbanistica e piani regolatori;
  • tutela del paesaggio;
  • centri storici;
  • libro fondiario e catasto;
  • coordinamento progetto "Dolomiti patrimonio UNESCO".
  • foreste, ivi comprese le foreste demaniali;
  • opere di prevenzione e di pronto intervento per calamità pubbliche di competenza dei servizi forestali;
 TRASPORTI, VIABILITA', GRANDI OPERE
  • interventi di cui alla legge regionale 5 novembre 1968, n. 40
  • trasporti di interesse provinciale, escluse le linee funiviarie e gli impianti a fune e compreso il piano della mobilità;
  • funzioni delegate dallo Stato in materia di trasporti
 SANITA', ASSISTENZA
  • igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera;
  • case di riposo, ivi comprese le residenze sanitarie assistenziali (RSA);
  • assistenza e beneficenza pubblica;
  • vigilanza e tutela sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza;
  • funzioni delegate in materia di previdenza e assistenza integrativa;
  • valorizzazione e riconoscimento del volontariato sociale;
  • disciplina degli interventi volti a prevenire e rimuovere gli stati di emarginazione;
RAPPORTI EUROPEI, SOLIDARIETA' INTERNAZIONALE
  • rapporti con l'Unione europea, cooperazione transfrontaliera e cooperazione interregionale;
  • rapporti internazionali;
  • attuazione della legislazione provinciale in materia di cooperazione allo sviluppo;
  • interventi nel settore dell’immigrazione straniera extracomunitaria;

 
 BOLZANO

Competenze della Provincia autonoma di Bolzano

I. Competenze primarie:
Queste rappresentano l’espressione più ampia dell’autonomia legislativa della Provincia. Si tratta di materie, in cui la Provincia non deve dividere la potestà legislativa con lo Stato. In seguito alla riforma della Costituzione del 2001 la potestà legislativa della Provincia in queste materie è soggetta alle seguenti limitazioni: rispetto della Costituzione nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Le materie di competenza primaria – secondo l’elenco dello statuto - sono le seguenti:
  1. ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto
  2. toponomastica, fermo restando l’obbligo della bilinguità nel territorio della Provincia di Bolzano
  3. tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare
  4. usi e costumi locali ed istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale, manifestazioni ed attività artistiche, culturali ed educative locali, e, per la Provincia di Bolzano, anche con i mezzi radiotelevisivi, esclusa la facoltà di impiantare stazioni radiotelevisive
  5. urbanistica e piani regolatori
  6. tutela del paesaggio
  7. usi civici
  8. ordinamento delle minime proprietà culturali, anche agli effetti dell’art. 847 del codice civile, ordinamento dei “masi chiusi” e delle comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini
  9. artigianato
  10. edilizia, comunque sovvenzionata, totalmente o parzialmente da finanziamenti a carattere pubblico, comprese le agevolazioni per la costruzione di case popolari in località colpite da calamità e le attività che enti a carattere extraprovinciale, esercitano nelle province con finanziamenti pubblici
  11. porti lacuali
  12. fiere e mercati
  13. opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche
  14. miniere, comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere
  15. caccia e pesca
  16. alpicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna
  17. viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale
  18. comunicazioni e trasporti di interesse provinciale, compresi la regolamentazione tecnica e l’esercizio degli impianti di funivia
  19. assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestioni a mezzo di aziende speciali
  20. turismo e industria alberghiera, compresi le guide, i portatori alpini, i maestri e le scuole di sci
  21. agricoltura, foreste e Corpo forestale, patrimonio zootecnico ed ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie sperimentali, servizi antigrandine, bonifica
  22. espropriazione per pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale
  23. costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali per l’assistenza e l’orientamento dei lavoratori nel collocamento
  24. opere idrauliche della terza, quarta e quinta categoria
  25. assistenza e beneficenza pubblica
  26. scuola materna
  27. assistenza scolastica per i settori di istruzione in cui le province hanno competenza legislativa
  28. edilizia scolastica
  29. addestramento e formazione professionale.
II. Competenze secondarie
In seguito alla riforma della Costituzione del 2001, la potestà legislativa della Provincia in queste materie è soggetta al limite del rispetto dei principi fondamentali contenuti nella legislazione dello Stato, il che piu o meno significa, che allo Stato è riservata la disciplina di principio, mentre la Provincia più emanare la disciplina di dettaglio. La Provincia, pertanto, deve dividere la potestà legislativa con lo Stato e l’autonomie normativa ad essa riservata è meno ampia di quella nelle materie di competenza primaria.
Le materie di competenza secondaria - secondo l’elenco dello statuto - sono le seguenti:
  1. polizia locale urbana e rurale
  2. istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale e artistica)
  3. commercio
  4. apprendistato, libretti di lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori
  5. costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di controllo sul collocamento
  6. spettacoli pubblici per quanto attiene alla pubblica sicurezza
  7. esercizi pubblici, fermi restando i requisiti soggettivi richiesti dalle leggi dello Stato per ottenere le licenze, i poteri di vigilanza dello Stato, ai fini della pubblica sicurezza, la facoltà del Ministero dell’interno di annullare d’ufficio, ai sensi della legislazione statale, i provvedimenti adottati nella materia, anche se definitivi. La disciplina dei ricorsi ordinari avverso i provvedimenti stessi è attuata nell’ambito dell’autonomia provinciale
  8. incremento della produzione industriale
  9. utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico
  10. igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera
  11. attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature.
III. Competenze terziarie
La potestà legislativa della Provincia in queste materie è limitata alla integrazione delle disposizioni legislative dello Stato.
In virtù dell’art. 10 Statuto la Provincia può esercitare tale potestà nella materia del collocamento e avviamento al lavoro.





















"Sindaci Contro". L'antidemocrazia e i piccoli comuni.

 29 aprile 2014 alle ore 13.56

Uomini contro è il titolo di un film diretto nel 1970 da Francesco Rosi, e liberamente ispirato al romanzo di Emilio Lussu Un anno sull'Altipiano. In quel film di guerra il 'nemico' della truppa sembra essere costituito più dalla classe degli alti altissimi ufficiali che non da chi spara dall'opposta trincea. Ha senso oggi citare questo film, ha senso rapportare quest'immagine al mondo della politica e delle istituzioni? 
Chissà, però intanto la situazione sembra essere questa: abbiamo un paio di 'sindaci' ai vertici del governo e, contrariamente alle aspettative più naturali, sui Comuni il cielo si fa più cupo che mai.

Per fondere i piccoli comuni oggi basta un semplice referendum e non serve nessun quorum.
Basta che una sparuta minoranza di cittadini vada a votare e siamo a posto: la cosa è praticamente fatta. Oltretutto è sufficiente che la maggioranza dei votanti di quei comuni che sono sottoposti al referendum, nel loro insieme, (non comune per comune) dicano di sì alla fusione, e la fusione si fa.
È strano, ma stavolta non c’è nessuna lungaggine burocratica da rispettare, nessun ‘visto’ supremo da attendere, tutto va via liscio come una l'olio, tutto scorre rapidamente verso la fantastica avventura del Comune Unico Fuso.
E per facilitare la cosa si sta pensando, lassù nell’Olimpo, di levare ai sindaci dei Comuni più piccoli anche l’indennità di mandato. Un’indennità che, detto per inciso, se uno fa il sindaco a tempo pieno (cioè non fa altro che quello) si aggira mediamente intorno ai 6-700 euro al mese. Certo che con delle cifre così si rimettono a posto i conti dell'UE per oltre vent’anni!
Insomma, nei Grandi Palazzi romani ed eurolandici si vogliono meno Comuni e meno sindaci, e questo è il fatto.

Meno sindaci vuol dire meno rappresentanti del popolo.
E tuttavia, strano a dirsi, qualcuno in questo riesce anche a vederci maggiore efficienza e maggior democrazia.
Sulla maggior efficenza ci potremmo anche discutere, ma sulla democrazia? Come si fa a sostenere che “meno cittadini eletti dai cittadini” possa voler dire… “più democrazia”? È un assurdo in termini, è un ossimoro!
“Maggiore efficienza”. Beh, anche qui, è tutto da dimostrare che governare un territorio più vasto e complesso da un municipio solo sia maggiormente vantaggioso ed efficiente che governarlo da più sedi. O meglio, è tutto da dimostrare che assemblare vari territori per formarne uno vasto e complesso porti alla fine a una maggiore efficienza amministrativa. Se ciò fosse vero non sarebbe allora il caso di pensare, per paradosso, di fare dell’Italia intera un solo incredibile comune? Sai che risparmio e che efficienza che avremmo in tal maniera?

Intanto i sindaci, anche quelli dei comuni più piccoli, che dovrebbero perdere le loro indennità devono "accomodarsi" su un certo numero di sedie che comode non sono. Ne elenco un po’ a casaccio. 
I sindaci siedono nelle Conferenze dei Sindaci delle ULSS, e in quelle delle Comunità/Unioni Montane, nei Consigli delle stesse Unioni, nelle assemblee delle società partecipate (GSP per citarne una), nelle assemblee delle Autorità di Bacino, nelle assemblee dei Consorzi BIM, ed ora anche nei nuovi Consigli Provinciali e, dove ci sono, in quelli delle Città Metropolitane. E, sì, certo, anche nei Consigli e nelle giunte dei loro Comuni.
Sono politici di mestiere questi sindaci? Fanno parte della "casta"? Beh, visto che prendono al massimo 6-700 euro al mese (e solo nel caso in cui rinuncino al loro lavoro) lascio ai lettori giudicare se essi siano accostabili ai Signori della Politica, oppure no.

E dire "sindaci" e "indennità di sindaci" non è che poi sia la stessa cosa dappertutto.
Un conto è essere sindaci di un comune grosso, di una metropoli, un conto è essere sindaci di comune piccolo.
Chi amministra una metropoli prende di più. Perchè?
Un criterio per differenziare è quello degli abitanti. Orbene, il sindaco di una nota città italiana, che conta ben 1.353.882 di abitanti, ha preso nel 2012 un’indennità lorda di 109.491,00 euro. Il che vuol dire 0,080 euro a cittadino. Se usassimo questo criterio il sindaco di un comune di 1000 abitanti dovrebbe prendere allora, nella stessa misura, 80 euro lordi all’anno. Può essere? Direi di no, direi che il numero dei cittadini è un criterio fuorviante.

Parliamo di tempo dedicato allora?
Poniamo che il sindaco di quella grossa città dedichi, tanto per dire, 12 ore al giorno al suo lavoro di amministratore, e dato che lo fa per una cifra di 109.491,00 euro lordi all’anno, ci chiediamo: quanto dovrebbe lavorare allora il sindaco di un comune da 1000 abitanti, che è 1354 volte più piccolo? Milletrecentocinquantaquattro volte di meno, direi, che, se non sbaglio nel fare la proporzione, vuol dire poco più di mezzo minuto al giorno. Ha senso? Certo che no. Come fa un sindaco a dedicare solo mezzo minuto al giorno al suo comune? 

E se dicessimo che il sindaco di un piccolo comune dedica solo 4 ore al giorno al suo ente (perchè ha solo mille abitanti), quanto dovrebbe lavorare allora, in proporzione, il sindaco di un comune di 1.353.882 abitanti? Facile: milletrecentocinquantaquattro volte di più, cioè 5415 ore al giorno.
Vabbè, si sta scherzando. Sono conti inutili da fare, i criteri per i quali un sindaco prende così e un'altro prende cosà sono altri, più complessi, più sofisticati o... bizantini. Sono roba da funzionari statali, e a studiarli è quasi una perdita di tempo.
Alla fine, a tagliare la testa al toro arriva quello (intelligente) che ti dice «Chiudiamo i comuni più piccoli. Lasciamo fare ai comuni grandi» (ai loro funzionari magari) e, perchè no, ai neocentralisti che oggi sono forti e rampanti come leoni.
Eh, beh… c’è tanto da riflettere sull’antidemocrazia che oggi cresce e che prospera, udite udite, in nome del “buon governo” e di sua maestà la finanza.

Sull'argomento ho scritto anche su FB: https://www.facebook.com/notes/michele-balen/tagliacuci-degli-enti-locali/392468957562744

Le cose viste da Cesio

 13 giugno 2014 alle ore 12.40

Forse a qualcuno non è chiaro ciò che sta accadendo alla politica in questo scorcio di storia contemporanea. A dirla tutta non è chiaro neanche a me, e un po' ne sono contento, perchè quando qualcuno dice di non vedere la nebbia quando invece c'è ed è 'pesta', allora vuol dire che tanto bene in realtà non ci vede.

Una crisi economica strutturale.
L'idea, magari sbagliata, che io mi son fatto è questa: si è passati, negli ultimi due secoli, dalla politica che governa l'economia all'economia che comanda la politica, e dall'economia reale del lavoro a quella virtuale della finanza. Oggi la finanza specula, e speculando fa il bello e il brutto tempo, come le pare, e tutti devono stare zitti. Il mondo è diventato un grande gioco del Monopoli: enti, aziende, famiglie sono solo delle cartine da giocare, delle caselle da occupare.
Oggi, dopo un periodo di euforia finanziaria in cui tutti si sono indebitati con i grossi gruppi bancari (le reti dei pescherecci sono state calate in mare e i  pesci ci si sono infilati alla grande), è seguito il triste e mesto periodo dei debiti: ops, bisogna pagare! (i pescherecci hanno tirato le reti e nelle reti ci siamo dentro noi: stati, enti e cittadini, tutti pescati).
Il debito va pagato, e allora lo stato si/ci sacrifica, smobilita, tassa e ipertassa i suoi sudditi, e non reagisce. Non reagisce perchè la politica è asservita alla finanza. Non reagisce perchè i cittadini non hanno ancora capito che c'è un trucco perverso, che a comandare sono i banchieri. Non reagisce perchè il voto del popolo ormai non conta che due lire. Lo stato non reagisce perchè è in difetto di mandato, perchè non risponde più al suo sovrano.
Mi sbaglio? Esagero? Beh, lo spero di tutto cuore.

Tagliare, razionalizzare, bombardare, potare, sfalciare, rasare, raschiare... il fondo del barile!
Così lo stato si amputa da solo. Come una nave a vapore, il cui capitano fa togliere il fasciame per darlo pasto alle caldaie, ma non alle proprie, attenziione, a quelle di una corazzata d'acciaio, cheè la finanza internazionale.
Così via il senato elettivo, (passi, ma vedremo che risparmi ci saranno), via le province, e via le regioni (se ci si riesce)... e poi via col chiudere/ fondere i comuni, e poi zac a tagliare i trasferimenti dello stato per tutti gli enti (oh, no non "per tutti", per certe regioni, per certe città, per certe aree del Paese..., non si taglia mai. Anzi!).
Le Comunità Montane diventino Unioni Montane! Che poi questo chiamarle "Unioni" la dice lunga sulle intenzioni finali del legislatore. E' la "politica dei piccoli passi", un po' oggi un po' domani. Roma non fu disfata in un sol giorno.
Intanto chi è più realista del re vorrebbe che ci fossero pochissimi comuni, vorrebbe fonderli unirli accorparli, come se si stesse giocando con un grosso puzzle politico amministrativo: magia magia! erano due e adesso sono diventati uno! Perchè, dicono, come si fa nel 2014 ad avere ancora piccoli comuni da mille, da duemila abitanti, da tremila da quattro da cinque, o magari da sei da diecimila abitanti? Come si fa?
La politica dei piccoli passi...
Sì, va bene togliere ai comuni ma per dare a chi? Per mantenere cosa?
Togliere ai cittadini e ai loro enti per favorire chi?

Dal macro al micro il disagio si traduce anche così:
In via previsionale nel 2014 il Comune di Cesiomaggiore riceverà dallo stato circa 380.000,00 € in meno rispetto al 2009 e appena (si fa per dire)  190.000,00 € in meno rispetto al 2013. 
Il Comune di Cesiomaggiore viste le ristrettezze che può fare per continuare ad esistere e a fornire i suoi servizi ai cittadini? Due cose può fare: aumentare le tasse e diminuire le spese. 
Le spese le ha diminuite in via previsionale per il 2014 di circa 90.000,00 € rispetto al 2013.
E le tasse? Le tasse le ha applicate introducendo nuove agevolazioni per l'IMU: per gli iscritti AIRE, per le aziende e per gli stabili concessi in comodato d'uso ai figli (il che vale per l'ente ben 40.000,00 € in meno di entrate rispetto al 2013); e ancora abbassando del 6% la bolletta dei rifiuti (TARES); e infine introducendo, perchè costretto, la TASI a copertura delle minori entrate. 
Ecco rappresentate le cose viste da un piccolo comune di pedemontana. Dal macro al micro appunto. Dalle grandi corazzate della finanza internazionale ai gusci di noce di casa nostra.
E dire c'è ancora chi si ostina a non vedere quel che sta succedendo in Europa, che c'è ancora chi crede che tutto sia come qualche anno fa.

Il "Taglia&Cuci degli enti locali".

11 aprile 2014 alle ore 9.28
Anno del Signore duemilaquattordici. Va in scena in tutta Italia la Fusione dei Comuni. E' la moda del momento, si chiama il "Taglia&Cuci degli enti locali".

Come funziona?
Si prendono due o più comuni (mi raccomando che siano piccoli) e si offre loro la giusta quantità di denaro e di vantaggi; in cambio, si chiede che i più comuni si facciano "uno", che passino dal plurale al singolare.
Segue poi un referendum, (tanto per avallare), si sciolgono i consigli, si mette un commissario quanto basta e, infine, si elegge il nuovo sindaco col nuovo consiglio comunale, uno solo, ovvio. Poi si fa festa e si disegna il nuovo stemma.
Fine.

Adesso potemmo dividere il mondo in due nuove categorie: "quelli che capiscono l'enorme vantaggio che deriva dalla fusione dei comuni" e "quelli che non lo capiscono".
Io credo di far parte dei secondi. Io... non capisco.
O meglio... 'aspetto di capire': sono molto curioso, infatti, di vedere l'effetto che avrà questa nuova moda nei tempi lunghi, di vedere come cresce la pianta, e soprattutto di assaggiarne i frutti una volta maturi.
Il fatto è che, proprio come per le piante, anche in questo caso serve del tempo, il tempo è la prova del nove. Ci vuole il tempo di vedere che cosa cresce, ci vuole il tempo che i frutti siano maturi sul ramo, pronti per essere assaggiati.
Anche per vedere i frutti dell'educazione e dell'istruzione di un bambino ci vuole il tempo. Sarà per questo che io, che non sono altro che un povero maestro, sono abituato a pensarla così, quasi come i contadini di una volta. Ci vuole tempo.

Provo intanto ad immaginare un frutto.
Dei due comuni il più piccolo, quello meno accessibile, il meno popoloso, diventa una frazione dell'altro o, meglio, un "grumo di frazioni", e si attacca a una comunità storica che non è la sua, come ad un tram. Quel grumo, che fu un Comune autonomo, si trova, dopo la fusione, a perdere sempre più rapidamente i suoi servizi, le sue istituzioni, la sua identità: chiude la posta, chiude la scuola e chiudono gli esercizi pubblici, se ne va pian piano anche il dottore e le sue strade sono sempre più mal tenute; poi si perde di rappresentanza verso i poteri più alti, quelli politici e non politici, e si smette di avere voce in capitolo, almeno come comunità (comunità..??). Infine... si perdono pure gli abitanti... E' un frutto possibile? E' pessimistico? E' realistico? Boh...

E i vantaggi?
Per il momento i vantaggi della fusione dovrebbero essere più o meno questi:
  a) Trasferimenti statali maggiorati del 20% per un periodo di 10 anni;  b) Amministratori meglio pagati che quindi potranno occuparsi a tempo pieno del territorio.
  c) Servizi e uffici non vengono tolti. Vengono condivise strumentazioni e procedure. Si risparmia su materiali, attrezzature e organizzazione. Il personale non diminuisce, anzi può specializzarsi ed evitare, come ora, di “fare un po’ di tutto”.
Sono vantaggi tutti legati all'operazione politica, ad una precisa volontà governativa, come gli incentivi per rottamare le auto: "rottama il tuo comune e ti paghiamo!"

I vantaggi economici non sono pertanto conseguenze naturali e positive della scelta, non derivano di per sè dall'atto della fusione, ma sono veri e propri incentivi, caramelle insomma.... esche per pesciolini da pescare. 
In altre parole: dalla fusione non si prospettano vantaggi naturali intrinsechi e duraturi e per questo si devono elargire congrue regalie a chi ci casca?
E appunto, parlando di incentivi statali per la rottamazione dei piccoli comuni, vien da pensare: ammesso che durino davvero per dieci anni, poi però finiscono, mentre la fusione resta. 




Un vantaggio per il sindaco e per gli assessori? Comune grande indennità grande. Già ma non si capisce perchè il sindaco di una metropoli dovrebbe essere tanto più pagato del sindaco di un comune medio o piccolo. Il suo giorno di lavoro non cresce mica proporzionalmente col crescere del suo ente. Non è che la giornata del sindaco di Roma duri duecento ore. Basterebbe al massimo ripartire il denaro con un po' di più equità fra i vari comuni e per le indennità dei sindaci a tempo pieno dei piccoli comuni tutto sarebbe risolto.
Io, per esempio, mi occupo a tempo pieno del mio Comune, e quel che prendo mi basta per vivere. Certo è meno di quel che guadagno a fare l'insegnante, ma un po' di sacrificio e di idealità ci vuole per fare il sindaco, o no?

Ma c'è chi non potrebbe tanto magro è quello che prende...
  
Servizi e uffici non vengono tolti dal comune soppresso? Caspita che bel vantaggio, ma allora la spesa che doveva calare? Comunque staremo a vedere, come ho già detto. Con un po' di pazienza lo sapremo per certo fra meno di una decina d'anni.

Certo, c'è caso e caso!
Nel caso di quei Comuni che hanno i territori praticamente indistinguibili, fra loro indissolubili, che sono quasi lo stesso e che magari hanno pure i capoluoghi e i municipi "indecentemente" vicini l'uno all'altro... ecco, in quel caso lì vien difficile non pensare alla fusione. Ma quanti sono i Comuni di questo tipo? E sono poi questi i Comuni a cui si pensa quando si parla di fusione? Sono questi i Comuni che vengono invitati, anzi, spinti a fondersi fra loro?
E se questi Comuni fossero benestanti, popolosi, ancorchè perfettamente governabili da uno stesso municipio?
 

Chi si fida...Chi si fida del Governo e della politica di questo Paese, chi si fida della stabilità e della coerenza dello stato negli anni, può stare davvero sereno: il comune (quello che dei due rimane, quello che annette il più piccolo e che quindi mantiene il municipio, e il capoluogo, quello con l'elettorato più forte) può contare su dieci anni di trasferimenti statali maggiorati del 20%, e non solo.
Può contare anche sul fatto che, dal capoluogo soppresso del comune più piccolo, potrà attingere per servirsi del personale rimasto. Può anche, volendo, lasciare in quella sede uno sportello aperto al pubblico, in ricordo dei vecchi tempi, dell'autonomia perduta. Per cinque o sei anni, magari, anche per dieci, dipende, chissà.

Io ancora non capisco i vantaggi delle fusioni comunali semplicemente perchè per capirli li devo vedere. Devo vederli in atto, e non sulla carta, attuati nella realtà. E ci vuole il suo tempo.

Poi c'è un'altra cosa che non capisco.
C'era la guerra, c'era la fame, c'era l'emigrazione, eppure a quei tempi si costruivano scuole, ospedali, case di riposo..., Ma come facevano, che gente era quella?
Ora la guerra non c'è, la fame nemmeno eppure si smonta tutto quel che è stato fatto allora e ci si avvia, imbelli, verso la miseria. Ma perchè?

Sull'argomento leggi anche su Facebook https://www.facebook.com/notes/michele-balen/sindaci-contro-lantidemocrazia-e-i-piccoli-comuni/400874540055519

Lettera inviata alle alte cariche dello stato sulle elezioni provinciali

17 ottobre 2014 alle ore 19.37

COMUNE DI CESIOMAGGIORE                                  

Cesiomaggiore, 8 settembre 2014 .
Prot.5988

Al Signor Presidente della Repubblica
Palazzo del Quirinale – 00187 Roma

Al Signor Presidente del
Consiglio dei Ministri
Palazzo Chigi – Piazza Colonna 370 – 00187 Roma

Ai Signori
Presidente del Senato della Repubblica
Piazza Madama  -00186 Roma

Presidente della Camera Dei Deputati
Palazzo Montecitorio – 00186 Roma

Al Signor
Ministro dell'Interno
Piazza del Viminale 1 – 00184 Roma

OGGETTO: prossime Elezioni provinciali. Provincia di Belluno.

In qualità di Sindaco del Comune di Cesiomaggiore, Comune di c.a. 4.100 abitanti, eletto nel 2012 unitamente al Consiglio Comunale composto, oltre che dal Sindaco, da 7 consiglieri - a seguito della riduzione della composizione degli organi politici comunali disposta dal D.L. 13 agosto2011, n. 138 - in vista delle prossime elezioni provinciale del 12 ottobre 2014, che si terranno secondo le disposizioni della Legge 56 del 7 aprile 2014 e successive modifiche ed integrazioni, sono a richiamare l'attenzione delle SS.LL. sulla grave situazione che si sta determinando in tema di rappresentatività dei cittadini.

Va infatti considerato che :
·        gli abitanti del Comune di Cesiomaggiore potranno contare sui voti dei propri Consiglieri comunali nel numero di 8 al momento delle elezioni del giorno 12 ottobre 2014 per l'elezione degli organi della Provincia di Belluno; i consiglieri comunali voteranno in virtù della loro carica elettiva e quindi rappresentando i cittadini elettori che li hanno votati;
·        altri Comuni limitrofi, i cui organi politici sono stati invece eletti nel 2014, quindi dopo la riforma del citato DL 138/2011 operata dal legge 56/2014, potranno invece - a parità di numero di abitanti o addirittura con un numero di abitanti inferiore a quello di Cesiomaggiore, contare su un numero di consiglieri elettori maggiore.

E' dunque chiaro ed evidente che cittadini appartenenti alla stessa Provincia, ma a Comuni diversi potranno avere un diverso grado di rappresentatività all'atto delle prossime elezioni provinciali.

Alla luce di quanto sopra , chiedo se si ritenga che l'attuale sistema di elezione degli organi della Provincia sia da considerarsi - in questa fase - legittimo o se invece non sia, come lo scrivente ritiene, gravemente lesivo dei principi costituzionali del nostro ordinamento in tema di rappresentanza democratica e parità dei diritti dei cittadini elettori.

Nella veste di Sindaco, si è ritenuta doverosa questa istanza a tutela degli interessi della Comunità rappresentata. 
Auspicando un cortese riscontro, si ringrazia per l'attenzione.

E' gradita l'occasione per porgere i più distinti saluti.

                                                                                                                               IL SINDACO
                                                                                                                              Michele Balen

Il disturbo bipolare di un Paese

17 ottobre 2014 alle ore 9.19

Siamo arrivati al debito pubblico di oggi per mille e mille ragioni, anche e soprattutto per aver seguito, durante interi decenni, l'euforia del mutuo facile, delle opere da realizzare coi "pagherò" anzi, coi... "pagheranno" (quelli che verranno).
Oggi, per non smentire lo stile "bipolare" di noi italiani, giustamente ci è venuta la fase depressiva: siamo poveri!

Sì, noi passiamo sempre dall'euforia alla depressione, e da uno slogan al'altro, non ci fermiamo mai, da destra corriamo a sinistra e viceversa. Passiamo dall'essere capelloni all'avere le teste rasate. 
E' un problema serio per il nostro Paese: non troviamo mai un punto d'equilibrio, o sguazziamo nel lusso o ci copriamo di cenci. O ci raccontiamo di avere favolose ricchezze e le vogliamo regalare ia poveri del mondo, o facciamo i pitocchi e lesiniamo perfino sui farmaci e sul pane.

Abbiamo avuto negli anni l'idea che si potesse fare di tutto e di più: più servizi più strutture più lavoro più tutto... (tanto siamo ricchi!) e il nostro solgan è statoTutto a tutti!
Siamo ricchi e allora andiamo in pensione dopo vent'anni di servizio. Siamo ricchi e allora ci riempiamo di costosi dirigenti pubblici. Siamo ricchi e allora chiudiamo gli occhi sugli sprechi di certe città e di certe regioni (si sa ben quali), o facciamo opere colossali e poi neanche le finiamo magari. Siamo ricchi e dunque invitiamo tutti quelli del terzo mondo a venire a stare qua da noi che si sta bene. Ce n'è per tutti!

Oggi abbiamo la fase del taglio corto. Abbiamo lo slogan del non ce lo possiamo più permettere.....
Siamo poveri e dunque andiamo in pensione (senza pensione) sui settant'anni. Siamo poveri e dunque dobbiamo chiudere i comuni, le province, le regioni. Siamo poveri e dunque dobbiamo eliminare il personale pubblico, o pagarlo una miseria. Siamo poveri e dunque ci tocca chiudere le scuole e gli ospedali. Siamo poveri  e dunque dobbiamo tagliare i fondi agli enti virtuosi (quelli spreconi li dobbiamo aiutare, poverini).

Siamo poveri sì, ma non per l'immigrazione che è del tutto fuori controllo: lì i soldi li troviamo e neanche pochi. Siamo poveri, ma i soldi ci sono per ripianare i debiti delle città colabrodo come Napoli e Roma, o delle Regioni sprecone come la Sicilia e la Calabria, che in quanto a buchi neri hanno da insegnare anche agli astronomi.

Siamo poveri, ma non tanto da dover chiudere i rubinetti ai cosiddetti quadri ministeriali. Non tanto da dover intervenire con mano severa sugli stipendi e sulle indennità dei dirigenti pubblici, quelli più alti e più pagati. O sulle "partecipate" che neanche sappiamo enumerare.

Siamo poveri, noi veneti, soprattutto di montagna, che a quanto pare non abbiamo mai risparmiato abbastanza, che dobbiamo farci venire l'anoressia monetaria, e magari flagellarci da soli per la pubblica via.. e magari tagliarci "responsabilmente" da soli le vene.

A fondere i comuni non si lasciano a casa dall'oggi al domani i dirigenti e le posizioni organizzative, e allora il risparmio non dove sarebbe, saui servizi, sui dipendenti più modesti? E poi non è che senza certi tecnici si possa lavorare. Se non c'è l'architetto in municipio o se il comune è troppo vasto e complesso per un solo architetto ecco che si deve andare a cercare l'intervento di un professionista esterno... lo vuole la legge, e allora ciao caro risparmio!
Si può lavorare benissimo per convenzioni fra enti senza per questo dover cancellare i comuni dalla geografia italiana.
Di certo non è sui sindaci e sugli assessori comunali, che costano meno dei caffè di Renzi e dei suoi accoliti, che si può far risparmio.

Forme di collaborazione fra enti locali, convenzioni, gestioni sovracomunali ce ne sono già, e nanche poche. Basta prediche di questo genere!
Fare di più con meno (altro slogan di moda) è la cretinata del secolo!
Certo che si fa, si deve fare e si fa, ma ora tutto è esasperato dal taglia taglia e dalla voglia smodata di miseria. Dalla fase depressiva che non lascia spazio alla ragione.
Povera Italia che si taglia da sola le vene.


IMU sui terreni agricoli nel Feltrino

2 dicembre 2014 alle ore 12.46

Euro trattenuti dallo Stato ad alcuni Comuni in ragione della tassa IMU sui terreni agricoli.

Debito pubblico e spesa pubblica: chi fa cosa...

11 dicembre 2014 alle ore 8.57

Una nota per i cittadini responsabili e curiosi.
A chi si deve il debito pubblico italiano? Chi risana i conti in questa Repubblica? Chi e quanto pesa sui cittadini con le sue spese? Quando contano i Comuni, le Regioni e le Province e quanto invece lo Stato centrale nel risanare o nel peggiorare i conti pubblici? E' meglio centralizzare tutto a Roma per avere minori spese o è meglio di no?



 Relativamente all'anno campione 2012 la creazione del debito pubblico è imputabile per il 94,8% allo stato centrale (colore blu) e per il 2,3% agli enti comunali (colore azzurro). Ciononostante ben 17miliardi di euro per la riduzione del debito pubblico sono stati prelevati negli ultimi otto anni dai bilanci comunali.



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La riduzione del debito pubblico è avvenuta da parte dei comuni (colore giallo verso l'alto - *alleggerimento), ma è stata nello stesso tempo ampiamente annullata dallo stato centrale (colore blu verso il basso - *aggravio). Mentre i comuni si sforzano di ridurre il debito lo stato lo accresce ma in misura ben maggiore.


 
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Stato centrale (blu) e previdenza -pensioni- (rosso) fanno la parte del leone nella spesa pubblica: rispettivamente per il 31% e il 40,3%; i comuni (azzuro chiaro) spendono per il 7,8%





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  La legge di stabilità incide formalmente per 48% miliardi sullo stato centrale (blu) e per il 12 % sui comuni (verde)....







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...ma a conti fatti la stabilità finisce invece, con i cosiddetti "tagli occulti", con l'incidere ben di più sui comuni, il 25%, e di meno sullo stato centrale che scende al 41%.






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Due richieste sostanziali e improrogabili.

I) che si adotti fin da subito in Italia un criterio di equità nella distribuzione delle risorse dei tagli che sia basato sulla vera responsabilità degli enti rispetto al dissesto e a quanto già versato finora.


II) che si adotti altresì il criterio della virtuosità degli amministratori e degli enti, perchè è ormai inaccettabile che chi ha i bilanci risanati e in regola debba tagliare i servizi, mentre chi ha mantenuto dei bilanci "gonfiati" con entrare fasulle e spese occultate possa invece continuare a ricevere risorse e ad erogare servizi.

Ringrazio il sindaco di Belluno Jacopo Massaro per questo matariale grafico.

Idee (più) chiare per l'Autonomia

20 dicembre 2013 alle ore 17.18

Una domanda sbagliata porta, spesso e volentieri, a una risposta altrettanto sbagliata. "Sbagliata" nel senso di mal posta, e si sa che un problema male impostato è impossibile da risolvere correttamente, se non per intervento divino.
Ora, sulla questione della nostra Provincia e del suo futuro io credo che la vera domanda non dovrebbe essere "Vogliamo noi mantenere l'ente provinciale di 'primo grado', che già abbiamo o vogliamo invece una Provincia nuova di 'secondo grado'?" Io credo che la domanda dovrebbe essere piuttosto: "Vogliamo noi un'autonomia amministrativa e politica 'forte' per la nostra terra, per salvaguardarla da una prevedibile recessione, o vogliamo restare a dormire beatamente sotto il pero dei ricordi?"

Il Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta, giunto a Longarone il 12 ottobre 2013, così si era espresso sulla Provincia di Belluno - sapendola costretta fra due province autonome, una regione a statuto speciale ed una pianura veneta facilitata dalle condizioni ambientali - : "Conosco tutte le specificità e bisogna intervenire per evitare asimmetrie istituzionali che non hanno senso", e ha poi aggiunto che per essa ci vogliono "forme di autogoverno marcate", "un'autonomia forte" (sic).
Quel Capo del Governo ha dunque riconosciuto pubblicamente il fatto che questa terra ha il titolo per ottenere dallo stato un'autonomia che egli, di sua sponte, ha definito "forte", tale da "evitare asimmetrie istituzionali che non hanno senso" (cit).Il Capo del Governo, che vive e che pensa nella lontana Roma, è consapevole, e lo dichiara, che le nostre comunità hanno bisogno di un'autonomia forte e non di Provincia a statuto ordinario. L'autonomia forte richiede appunto uno statuto speciale, non ordinario, uno statuto allora come quello Trentino, tanto per dirne uno. Giova a proposito anche ricordare l'istituzione dei fondi speciali, il "Letta" e il "Brancher", che sono un'implicito riconoscimento dello stato di bisogno in cui versa la nostra plaga. E ancora e soprattutto il famosissimo articolo 15 dello statuto regionale del Veneto, intitolato "Specificità delle singole comunità, dei territori montani e della Provincia di Belluno." in cui si legge che la Regione
[...] conferisce con legge alla Provincia di Belluno, in considerazione della specificità del suo territorio transfrontaliero e interamente montano nonché abitato da significative minoranze linguistiche, forme e condizioni particolari di autonomia amministrativa, regolamentare e finanziaria in particolare in materia di politiche transfrontaliere, minoranze linguistiche, governo del territorio, risorse idriche ed energetiche, viabilità e trasporti, sostegno e promozione delle attività economiche, agricoltura e turismo. [...]

Corollario.

Il Governo nazionale nel 2013, per bocca del suo Presidente, riconosce alla nostra terra l'esigenza di un'autonomia forte. La Regione lo ha fatto con un articolo del suo Statuto. Allora è il momento adesso di reclamare ad alta voce la "forte autonomia" che ci spetta, non si può perdere altro tempo!A chi non osa, rispondo: sì, si può essere minimalisti, si può chiedere un tozzo di pan secco, si può essere anche più realisti del re, possiamo fare i cavallini volenterosi e metterci le briglie da soli (per non affaticare il cavaliere che ci sta in groppa); si può stupire con effetti speciali la buona vecchia Capitale, usando tutta la straordinaria mitezza delle nostre richieste: "dateci poco, mi raccomando, e datecelo quando volete!". Insomma si può fare i poveri villani col cappello in mano, piegati in due davanti a Lorsignori, intimiditi noi dai portoni dei loro palazzi, e si può essere... "sudditi". Oppure si può essere cittadini, di quelli con la C maiuscola, cittadini che sanno di avere dei diritti, che sanno di pretendere dallo stato nulla di più e nulla di meno di ciò che è dovuto, di ciò che è stato riconosciuto pubblicamente come necessario dallo stesso Capo del Governo, dalla stessa Regione, l'autonomia forte che il solo il futuro sostenibile per le nostre comunità. E dunque chiariamoci presto le idee e mettiamoci al lavoro per progettare l'autonomia "forte" di cui abbiamo bisogno, per progettare lo statuto che funga anche da manifesto per la nostra autonomia: l'Autonomia dell'Area Montana "Alta Piave - Dolomiti Venete".

Michele Balen

Provincia bellunorum et patientia romanorum

19 dicembre 2014 alle ore 10.59

C'era forse da dubitarlo? La Provincia di Belluno naviga ancora in pessime acque.
Ricordate la marcia del 24 ottobre 2012, quella fatta per salvare la Provincia? Eravamo in tanti quella volta, praticamente eravamo tutti.
Il Corriere delle Alpi il giorno dopo scriveva: «Alla manifestazione di protesta hanno partecipato tutti i sindaci della provincia, tantissimi giovani, la Diocesi con il vescovo Giuseppe Andrich, le associazioni di categoria, del volontariato, del mondo sindacale e politico.» «Molti gli striscioni - riportava il Corriere - che inneggiavano al mantenimento dell’ente provinciale
Con quella marcia, secondo il quotidiano, i bellunesi davano "una grande prova di unità: dalle vette dei monti fino al capoluogo, amministratori, politici, sindacalisti, giovani, gente comune, perfino intere famiglie" lanciavano "un forte messaggio a Roma" che nei giorni successivi avrebbe dovuto decidere le sorti di questo territorio.

Si poteva ben immaginarlo, anzi, al dire il vero, s'immaginava, che Roma, la bella eterna Roma, dentro i suoi assolati palazzi di capitale, mormorasse paciosa nei suoi corridoi ... "anvedi 'sti monatanari, ahò, se vojono mantenè la Provincia... E bisogna capirli, so' montanari... Eddai, e lasciamojela  ancora 'n pochetto 'sta benedetta Provincia... togliamo loro solo le risorse per farla funzionà, un po' alla volta (che se abitueno), così che siano loro fra qualche tempo a dicce... «Meglio che ce la togliate», e quando lo diranno.. zac... gliela la togliamo. Quanta pazienza che ce vo' pè ggovernà a 'sto Paese. Ma se sa: Roma non fu disfata in un sol giorno!"

vedi: Dimezzamento del personale delle amministrazioni provinciali.



"Prov... di Bel..." dimezzamenti in corso

Dice Gianclaudio Bressa, sottosegretario agli Affari regionali durante un’intervista a Radio24: “Abbiamo delle province ottocentesche di stampo napoleonico. Ora si va in direzione dell’Europa con province di area vasta”. E a proposito del dimezzamento dei dipendenti nelle provincie in rottamazione aggiunge: “Si tratta di una grande opera di mobilità della pubblica amministrazione salvaguardata dalla garanzia del posto di lavoro e della retribuzione come prevede il comma 96 della Legge Delrio. La procedura avrà una durata di due anni, fino al 31 dicembre del 2016 seguita da altri due anni e mezzo, fino al 30 aprile del 2019. Quindi una transizione morbida durante la quale verrà riformata l’architettura della pubblica amministrazione”. Per assolvere alle nuove funzioni della Provincia, sarà sufficiente il 50% del personale. Gli altri transiteranno in regioni, enti locali e nella pubblica amministrazione, senza che nessuno perda il posto di lavoro." (*)

Ecco, il dimezzamento dell'organico provinciale spiegato con la frase "Per assolvere alle nuove funzioni della Provincia, sarà sufficiente il 50% del personale." sta a dire in poche parole che l'ente Provincia assolverà adesso al 50% delle funzioni di una volta, che sarà economicamente e funzionalmente la metà di ciò che era.
Va bene, prendiamo atto della cosa, in fondo non sta scritto nei vangeli che le province napoleoniche debbano continuare ad esistere. Anzi...
Le Provincie possono essere anche dimezzate, o tolte del tutto. Il governo lo dice e lo fa: "Via questo vecchiume obsoleto, questo congegno dell'archeologia politica!"
Sì, onorevole Bressa, però qualcuno si chiede (io per esempio) con che cosa si vorrà sostituire quella "vecchia botte malandata" che è la Provincia. Spero non con la stessa botte ridotta semplicemente a metà. Non le parrebbe una gran presa in giro, onorevole?
Per ora si direbbe invece che tutto si fermi lì, al dimezzamento della vecchia botte.

Ma se l'ente Provincia è ormai un vecchiume napoleonico da rottamare (pardon, "da dimezzare") che si fa: lo si dimezza e poi si tira a campare come se niente fosse? E la metà del vino che manca da stivare... sparisce? La metà del lavoro che la Provincia non può più fare... chi lo fa?

Sa che cosa manca onorevole Bressa? Manca la prospettiva, manca che qualcuno ci dica: "ai comuni spettano queste competenze, queste speciali autonomie (non negheremo mica il fatto che ai comuni dell'Alta Piave-Dolomiti spettino delle speciali autonomie vero?) e, soprattutto, spettano queste risorse stabili, organiche e pienamente disponibili. Ai comuni spetta questo per fare questo." Non è daccordo con me onorevole?
"Risorse", vuol dire denaro: denaro per pagare beni, servizi e personale, vuol dire denaro da mettere in rapporto con le nuove e le vecchie competenze assunte dai comuni.
Insomma, onorevole sottosegretario... manca uno scenario certo per il domani. E' ovvio che i naufraghi in mare aperto si aggrappino ai relitti della loro nave, se ancora questi galleggiano, e non è carino che qualcuno li disprezzi. Meglio offrire piuttosto un approdo diverso, un nuovo bastimento.

E allora, signori del governo, fate uno sforzo: dite bene che cosa intendete fare, dove con certezza manderete a lavorare i dipendenti della Provincia, dite con precisione quali autonomie riconoscerete al territorio della montagna veneta, dite con quali risorse i comuni potranno sostenere il dimezzamento dell'ente provinciale (o la sua futuribile sparizione) e farne le veci, insomma... "dite".... Non nei corridoi dei palazzi, dite alla gente.

Napoleone è morto, possiamo cambiare, ma non in peggio.



(*)http://www.bellunopress.it/2014/12/19/dimezzamento-del-personale-delle-amministrazioni-provinciali-bressa-un-grande-fraintendimento-nessuno-perdera-il-posto-e-una-grande-operazione-di-mobilita-che-si-concludera-nellaprile-del-201/