17 ottobre 2014 alle ore 9.19
Siamo arrivati al debito pubblico di oggi per mille e mille ragioni,
anche e soprattutto per aver seguito, durante interi decenni, l'euforia
del mutuo facile, delle opere da realizzare coi "pagherò" anzi, coi...
"pagheranno" (quelli che verranno).
Oggi, per non smentire lo stile "bipolare" di noi italiani, giustamente ci è venuta la fase depressiva: siamo poveri!
Sì,
noi passiamo sempre dall'euforia alla depressione, e da uno slogan
al'altro, non ci fermiamo mai, da destra corriamo a sinistra e
viceversa. Passiamo dall'essere capelloni all'avere le teste rasate.
E' un
problema serio per il nostro Paese: non troviamo mai un punto
d'equilibrio, o sguazziamo nel lusso o ci copriamo di cenci. O ci
raccontiamo di avere favolose ricchezze e le vogliamo regalare ia poveri
del mondo, o facciamo i pitocchi e lesiniamo perfino sui farmaci e sul
pane.
Abbiamo avuto negli anni l'idea che si
potesse fare di tutto e di più: più servizi più strutture più lavoro più
tutto... (tanto siamo ricchi!) e il nostro solgan è statoTutto a tutti!
Siamo
ricchi e allora andiamo in pensione dopo vent'anni di servizio. Siamo
ricchi e allora ci riempiamo di costosi dirigenti pubblici. Siamo ricchi
e allora chiudiamo gli occhi sugli sprechi di certe città e di certe
regioni (si sa ben quali), o facciamo opere colossali e poi neanche le
finiamo magari. Siamo ricchi e dunque invitiamo tutti quelli del terzo mondo a venire a stare qua da noi che si sta bene. Ce n'è per tutti!
Oggi abbiamo la fase del taglio corto. Abbiamo lo slogan del non ce lo possiamo più permettere.....
Siamo
poveri e dunque andiamo in pensione (senza pensione) sui settant'anni.
Siamo poveri e dunque dobbiamo chiudere i comuni, le province, le
regioni. Siamo poveri e dunque dobbiamo eliminare il personale pubblico,
o pagarlo una miseria. Siamo poveri e dunque ci tocca chiudere le
scuole e gli ospedali. Siamo poveri e dunque dobbiamo tagliare i fondi
agli enti virtuosi (quelli spreconi li dobbiamo aiutare, poverini).
Siamo
poveri sì, ma non per l'immigrazione che è del tutto fuori controllo:
lì i soldi li troviamo e neanche pochi. Siamo poveri, ma i soldi ci sono per ripianare i debiti delle città colabrodo come Napoli e Roma, o
delle Regioni sprecone come la Sicilia e la Calabria, che in quanto a buchi neri
hanno da insegnare anche agli astronomi.
Siamo poveri, ma non
tanto da dover chiudere i rubinetti ai cosiddetti quadri ministeriali.
Non tanto da dover intervenire con mano severa sugli stipendi e sulle
indennità dei dirigenti pubblici, quelli più alti e più pagati. O sulle
"partecipate" che neanche sappiamo enumerare.
Siamo
poveri, noi veneti, soprattutto di montagna, che a quanto pare non
abbiamo mai risparmiato abbastanza, che dobbiamo farci venire
l'anoressia monetaria, e magari flagellarci da soli per la pubblica
via.. e magari tagliarci "responsabilmente" da soli le vene.
A
fondere i comuni non si lasciano a casa dall'oggi al domani i dirigenti
e le posizioni organizzative, e allora il risparmio non dove sarebbe,
saui servizi, sui dipendenti più modesti? E poi non è che senza certi
tecnici si possa lavorare. Se non c'è l'architetto in municipio o se il
comune è troppo vasto e complesso per un solo architetto ecco che si
deve andare a cercare l'intervento di un professionista esterno... lo
vuole la legge, e allora ciao caro risparmio!
Si può lavorare benissimo per convenzioni fra enti senza per questo dover cancellare i comuni dalla geografia italiana.
Di
certo non è sui sindaci e sugli assessori comunali, che costano meno
dei caffè di Renzi e dei suoi accoliti, che si può far risparmio.
Forme
di collaborazione fra enti locali, convenzioni, gestioni sovracomunali
ce ne sono già, e nanche poche. Basta prediche di questo genere!
Fare di più con meno (altro slogan di moda) è la cretinata del secolo!
Certo
che si fa, si deve fare e si fa, ma ora tutto è esasperato dal taglia
taglia e dalla voglia smodata di miseria. Dalla fase depressiva che non
lascia spazio alla ragione.
Povera Italia che si taglia da sola le vene.
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