domenica 6 marzo 2016

Fusioni e confusioni: alla ricerca di idee più chiare

Come si fa a valutare se la fusione di un ente con un altro - sia esso Comune, ULSS, o Camera di Commercio - sia un fatto positivo e lungimirante per la popolazione o, al contrario, non sia piuttosto un inganno di Palazzo?
Servono criteri chiari, che dimostrino l'eventualità di un miglioramento dei servizi e del governo, in favore della popolazione e del territorio.
Il risparmio per le casse statali può essere un criterio sufficiente e bastevole per motivare la fusione di una ULSS o di un Comune?
Ovvio che no! A maggior ragione se quel risparmio, posto che davvero ci sia, si viene a scoprire che è divorato da maggiori e vieppiù crescenti spese pubbliche, operate su fronti ben diversi da quelli dei servizi ai cittadini, e meno utili. A maggior ragione poi, se quel risparmio viene divorato da un sistema usuraio, immorale e perverso, come quello delle compagnie finanziarie internazionali. Basta la voglia di cambiamento di per se stessa? Bastano le parole d'ordine come progresso, attualità e modernizzazione? Basta la moda? Credo di no: sono cose irrazionali e passeggere.

Parlando di Criteri

Quali sono allora i criteri che si possono adottare per valutare se sia o no il caso di aggregare o disaggregare degli enti locali?

Di sicuro gli obbiettivi dovrebbero essere i seguenti:
- maggior governabilità del territorio e della comunità: la fusione/disaggregazione è positiva se rende più agevole il compito di gestire e governare;
- maggior efficenza ed efficacia dei servizi: la fusione/disaggregazione è positiva se i cittadini hanno chiari vantaggi nei servizi che crescono di numero, di qualità e costano di meno;
- giusta vicinanza dei rappresentanti democratici: la fusione/disaggregazione è positiva se gli eletti sono facilmente raggiungibili dai cittadini elettori, sono in un rapporto di effettiva vicinanza;
- democraticità ed equo potere decisionale delle comunità nell'autogoverno: la fusione/disaggregazione è positiva se la comunità è rappresentata in modo equlibrato, sia rispetto alle sue componenti sia  rispetto alle altre comuità, e può realmente decidere delle proprie cose;

- conservazione delle identità comunitarie: la fusione/disaggregazione è positiva se la comunità non si dissolve, ma mantiene viva la propria identità culturale;
- mantenimento del rapporto uomo-territorio: la fusione/disaggregazione è positiva se il profilo economico, le tradizioni, l'ambiente sono conservati e mantuenti in uno stato di vitalità. Ciò implica l'efficacia nel contrasto all'eventuale spopolamento della plaga.

Come misurare la realtà territoriale per valutare preventivamente la necessità di una aggregazione/disaggregazione ovvero al contrario di una autonomia di un dato ente?
 
Bisogna affidarsi ai dati della geografia e della statistica, e agli studi dell'antropologia culturale e delle scienze umane.  

Le misurazioni geografiche e statistiche presentano dati relativi a
  • orografia e idrografia (barriere naturali come laghi e corsi d'acqua, rilievi montuosi);
  • superficie;
  • clima;
  • popolazione: numero di abitanti, densità, distribuzione nel territorio - centri abitati;
  • servizi erogati e presìdi (scuole, ospedali, medici di base, poste, banche, negozi, forze dell'ordine, trasporti pubblici...); 
  • distanze/percorrenze dalle periferie verso e da servizi, centri decisionali, luoghi di lavoro;
  • situazione economica: attività produttive, risorse naturali e ambientali;
Gli studi di antropologia culturale e delle scienze umane forniscono una importante chiave di lettura rispetto alla storia del territorio e alle identità di comunità, agli aspetti peculiari della popolazione e al cosiddetto spiritus loci

Parlando di comuni.

Di recente è nato il "fantasioso" concetto di aree interne delle quali Veronica Nicotra - Segretario Generale ANCI testo ANCI scrive:
La Strategia per le aree interne, indicata dal Governo italiano come progetto cardine nel Piano Nazionale di Riforma (PNR), interviene su un problema molto avvertito dall’ANCI: lo spopolamento e abbandono di molti comuni interni, per lo più di piccole dimensioni demografiche e di montagna, che soffrono peraltro di gravi disagi per le difficoltà di collegamento con i distanti centri urbani di erogazione dei servizi fondamentali (sanità, istruzione, mobilità).
Si tratta di 4.181 comuni (di cui 1.810 appartenenti alla tipologia “periferici” o “ultraperiferici”, distanti più di 40 minuti dal più vicino centro di erogazione di servizi), classificati secondo la metodologia descritta nell’Accordo di Partenariato 2014-2020, adottato con decisione di esecuzione della Commissione UE 29.10.2014 C(2014) 8021 e recepito dal CIPE il 29 ottobre 2014.
Parliamo di poco meno di un quarto di popolazione che vive in oltre il 60,0% del territorio nazionale. 
ANCI spiega: 
Una parte preponderante del territorio italiano è caratterizzata da un’organizzazione spaziale fondata su “centri minori”, spesso di piccole dimensioni, che in molti casi sono in grado di garantire ai residenti soltanto una limitata accessibilità ai servizi essenziali. Le specificità di questi territori sono riassumibili utilizzando l’espressione aree interne. Le aree interne italiane possono essere caratterizzate nel seguente modo:
• sono significativamente distanti dai principali centri di offerta di servizi essenziali (istruzione, salute e mobilità);
• dispongono di importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e risorse culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere);
• sono un territorio profondamente diversificato, esito delle dinamiche dei vari e differenziati sistemi naturali e dei peculiari e secolari processi di antropizzazione.

Se per i Comuni così definiti è previsto addirittura lo stanziamento di risorse dedicate è imaginabile che la soluzione sia quella della fusione, cioè della loro sostanziale scomparsa? E per tutti i comuni che si trovano in situazioni consimili è forse tanto diverso il ragionamento? 
Va da sè che la fusione dei Comuni più piccoli non può far altro che cancellare dalla carta molte di quelle cosiddette aree interne, nel senso che, fuse e confuse, inglobate e digerite nel ventre di centri maggiori diventano per forza invisibili allo stato con buona pace di chi le abita.
Al contempo la diminuzione dei servizi nei centri erogatori (vedi il caso delle ULLS unificate) non può che rendere vieppiù periferiche le aree "interne" che a quei centri fanno riferimento. Il depotenziamento di un ospedale, conseguente alla fusione di un'ULSS, infatti, non ha altro effetto che quello di una maggiore e più grave marginalità delle periferie ad esso affidate.

Algoritmo


Serve un metodo di calcolo, un algoritmo che determini un valore, un numero, un dato oggettivo da cui partire per proporre o l'aggregazione (fusione) di un ente con un altro, o la disaggregazione di una comunità da un ente eccessivamente corposo. O che provi la necessità di mantenere l'autonomia di un Ente che già ce l'ha.

Parlando di Comuni, quali sono gli indici o parametri da considerare?


id: indice demografico

Un primo parametro è dato dalla popolazione. E' necessario definire i limiti e l'obiettivo ossia il limite massimo di popolazione, queo minimo e quelo ideale per il raggiungimento dei criteri sopra descritti.

if: indice di frazionamento

Un parametro è dato dal numero dei centri abitati frazionali di cui il Comune è composto, sommati al capoluogo. Sarà if o indice di frazionamento.
Più if è elevato maggiore è la dislocazione e la perifericità della popolazione, più alta può essere la necessità di mantenere un ente autonomo e pertanto minore è l'aggregabilità del Comune.




irg: indice di raggiungibiità

Altro parametro è la distanza dei centri abitati che si misura in termini di tempo di percorrenza e non in chilometri, ritenendo la media annuale (varie condizioni meteo, orari, traffico, andata a ritorno, ecc.), misurata dai centri più periferici del territorio al centro capoluogo comunale(ir1),e dai centri più periferici del territorio al centro maggiore di erogazione di servizi -scuole, ospedali, medici di base, poste, banche, negozi, forze dell'ordine, trasporti pubblici...- (ir2).


testo in costruzione: continua....




Nessun commento:

Posta un commento