lunedì 21 marzo 2016

Troppi i comuni italiani?

Eliminazione dei piccoli comuni.

Dal PD parte una bordata -l'ennesima- contro i comuni: una proposta di legge a firma di Lodolini che prevede di eliminare dall'alto, in modo forzato, i comuni più piccoli. 
La scusa è quella di sempre, quella che si usa per motivare qualsiasi azione deleteria e antidemocratica che si voglia attuare: la scusa è Monsignor Risparmio. Potevano dire "E' l'Europa che ce lo chiede", ma tant'è...

A poco serve dimostrare razionalmente, coi numeri, che il risparmio in realtà non esiste, e che se c'è, c'è perchè sono stati eliminati dei servizi essenziali per la popolazione. A poco valgono il buon senso e la ragione umana. Come nella favola del lupo e dell'agnello di Fedro il forte prevale sul debole senza neanche avere l'onere, alla fin fine, di dover fornire una plausibile ragione.

In ogni caso ci chiediamo per pura onestà intellettuale: sono davvero troppi i comuni in Italia? Sono davvero da sfoltire? 

Diamo allora una piccola occhiatina all'estero.

In Italia i comuni sono circa 8.000 e cioè uno ogni 7.585 abitanti
In Germania i gemeinden sono 11.334 ossia sono uno ogni 7.213 abitanti.
Nel Regno Unito gli wards sono 9.434 vale a dire uno ogni 6.618 abitanti.
In Francia i communes sono 36.680: uno ogni 1.774 abitanti.
In Spagna ci sono 8.116 municipios: uno ogni 5.687 abitanti.
La media in UE è di un ente comunale ogni 4.132 abitanti.



Possiamo dunque visualizzare in questo grafico il rapporto che c'è tra i comuni e gli abitanti nei citati paesi europei. 
E come si vede l'Italia è il paese, fra quelli considerati, con il minor numero di comuni per abitante.



Dimostrato che in Italia non ci sono troppi comuni, non almeno rispetto all'Unione Europea, la vera questione rimane solo quella del rapporto economico fra le risorse pubbliche disponibili e i servizi da rendere alla cittadinanza. 

E' chiaro e scontato che sia la democrazia sia i servizi alla popolazione sono onerosi, ma alzi la mano chi pensa che si debba risparmiare o sulla democrazia o sui servizi essenziali, sapendo che è appunto per governare in modo democratico e per rendere servizi alla popolazione, che esiste la Repubblica. Chi volesse, infatti, risparmiare su queste cose dovrebbe avere il coraggio di proporre una monarchia assoluta alla Roi Soleil, con zero democrazia e zero servizi: il risparmio sarebbe assicurato.

Stabilito che il risparmio per il risparmio non è una cosa che stia in piedi in uno stato democratico, è bene capire che il vero risparmio è ottenibile non tanto distruggendo i comuni, ma maggiorando semmai la scala di gestione dei servizi erogati. E neanche questo è sempre vero.
In ogni caso è sui servizi e non sugli enti che si può ottenere un certo risparmio, e lavorando non per distruggere ma per dare ordine e razionalità 
Sarebbe, infatti, una calamità spaventosa la demolizione di migliaia di piccoli comuni, poichè tale demolizione comporterebbe una perdita irrimediabile di identità comunitaria e di autentica democrazia, e soprattutto della ricchezza civica costituita dall'impegno di decine di migliaia di amministratori pubblici, sostanzialmente volontari, il cui costo complessivo annuale è pari a quello di appena una trentina di deputati parlamentari. E il tutto a fronte di risparmi reali davvero irrisori.
 
La soluzione, dettata dal buon senso, è quella della gestione associata dei servizi. Il d.l. 78/2010 già obbliga i comuni con meno di cinquemila abitanti ad associare le funzioni e i servizi e l'associazione dei servizi è ampiamente sperimentata in enti quali le Comunità e le Unioni Montane e le unioni di comuni; l
a maggior parte dei comuni con
meno di cinquemila abitanti fa parte appunto di uno di questi enti
Il segreto sta dunque nell'incentivare con decisione l'ulteriore associazione di servizi in ambiti ottimali e attraverso delle giuste e congrue premialità.
Se dieci comuni, tanto per capirci, che hanno in tutto sette agenti di polizia locale, associandosi nella funzione ricevono due agenti in più, è chiaro che hanno un forte interesse ad associarsi. Ma se, al contrario, nell'associarsi perdono un ulteriore agente e si ritrovano con meno di quel che avevano quand'erano dissociati, è evidente che per loro la cosa è solo un imbroglio.

Gli enti di secondo grado, sovracomunali, possono essere lo strumento giusto per salvare i servizi fondamentali, le economie e soprattutto per salvaguardare le piccole comunità locali. 
Serve allora uno sguardo intelligente sulla questione, che non sia ideologico, non scalmanato e mediatico come quello che oggi è in voga nel Palazzo (vedi il PD Lodolini) e nei salotti. Serve mollare la scellerata avversione talebana per i cosiddetti campanili e "capire" prima metter mano al piccone demolitore.

Invece di distruggere i piccoli comuni è ragionevole casomai

- innalzare l'obbligo di associare la gestione delle funzioni e dei servizi fino ai comuni con 10.000 abitanti, rendendoli disponibili a collaborare con i comuni più piccoli e in difficoltà;

- premiare con risorse aggiuntive gli enti di secondo grado quali le Unioni Montane, in ragione dei servizi gestiti per i comuni associati;

- considerare tra i parametri di virtuosità l'associazione dei servizi;
- concedere un'autonomia fiduciaria concreta ai comuni che si dimostrino virtuosi;
-  applicare quale parametro di valutazione per le premialità, il metodo dei costi standard sia per contesto nazionale sia per aree omogenee.

Con questo metodo si otterrebbero dei veri risparmi, una più razionale ed efficace gestione dei servizi, servizi di qualità migliore, e, guarda caso, si manterrebbero le strutture del governo territoriale, gli enti e i luoghi della democrazia.


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In calce alla mia riflessione aggiungo un intervento di Francesco Chiucchiurlotto dedicato al medesimo argomento.




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Fino a poco tempo fa le caratterizzazioni ed i contenuti della Sinistra erano facilmente riconoscibili ed identificabili: giustizia sociale per i più deboli, diritti civili diffusi, lavoro come diritto e fondamento politico, autonomia e crescita della autonomie locali, comuni in primis.
E’ nei comuni, che nasce e cresce il cittadino; è li che esso forma il centro dei suoi interessi e sviluppa la propria famiglia come cellula dell’intera società.
Non a caso l’Italia ha, unica al mondo, due istituzioni millenarie: la chiesa cattolica apostolica romana e gli ottomila comuni.
Prudenza vorrebbe che tali istituzioni fossero trattate con il dovuto riguardo, rispetto, sensibilità; e ciò comunque la si pensi, comunque si appartenga a schieramenti politici o culturali.
Sta facendo un qualche effetto, sulla seconda delle istituzioni citate, la proposta di legge che va sotto il nome del primo firmatario, tal Lodolini, seguito da altri 19 deputati del Pd, che all’art.1 modificherebbe il testo unico sugli enti locali sancendo la lapidaria sentenza che: “Un comune non può avere una popolazione inferiore a 5000 abitanti”.
L’art. 2 prevede la fusione obbligatoria, che se non volontariamente scelta, verrà attuata dalle Regioni; l’art.3 dimezza i trasferimenti erariali alle Regioni non adempienti.
Ora con tutti guai che abbiamo, sia dentro che fuori i confini patrii, la proposta non potrebbe che suscitare sorrisi di compatimento o qualche metaforica pernacchia: ma qualche riflessione sarebbe bene farla.
Intanto capire perché proprio nel Pd, in contrasto con la propria ricordata tradizione di sinistra, si raccolga una pattuglia di deputati che mettono insieme in un sol colpo, autoritarismo statuale velleitario, spregio della Costituzione, superficialità e disinformazione, populismo di bassissimo conio.
Gli 8.003 comuni italiani non sono né tanti né troppi accanto ai 12.900 tedeschi, 36.700 francesi, 8100 spagnoli e via elencando; la particolare orografia dell’Italia ha nei secoli costruito aggregazioni ottimali con propria storia, identità, tradizioni, tipicità, eccellenze, che sono alla base delle forme più diffuse del made in Italy; seimila circa di essi sono amministrati da volontari a costi risibili o inesistenti; negli ultimi 15 anni hanno subito tagli dieci volte superiori agli altri comparti pubblici.
Non è dimostrato, anzi lo è il contrario, che la dimensione demografica costituisca risparmio o servizi efficienti; l’associazionismo delle funzioni e dei servizi è una cosa seria e da praticare, ma non con obblighi assurdi o direttive sommarie.
Il novecento ci ha fornito esempi tragici di chirurgia sociale e politica; di chirurgia istituzionale non se ne sentiva proprio il bisogno; siccome la proposta è sta presentata in pieno periodo di Carnevale, prendiamola come uno scherzo.

Francesco Chiucchiurlotto
Coordinatore Regionale
Borghi e Paesi del Lazio

  


4 commenti:

  1. ......................................NO.......................
    ......................... ABOLIZIONE PICCOLI COMUNI...........................
    I piccoli Comuni montani non ci stanno: “Pronti a mobilitazione”

    FIRENZE – Sarà per il proverbiale campanilismo toscano, sarà perché ad alcuni sindaci le “imposizioni dall’alto” non vanno giù, ma buona parte dei Comuni montani di Uncem non digeriscono l’idea delle fusioni per quelli che hanno meno di 5.000 abitanti. “I provvedimenti regionali e la proposta di legge nazionale che prospettano uno scenario tutto nuovo per i piccoli Comuni scardinandone l’anima e l’essenza, sono semplicemente assurdi; è inaccettabile che qualcuno imponga ai comuni sotto i 5.000 abitanti di fondersi, noi non ci stiamo e siamo pronti a mobilitarci questa volta in modo netto e chiaro”. È quanto è emerso, infatti, da un incontro in videoconferenza dei sindaci dei piccoli Comuni montani associati ad Uncem Toscana per discutere di quanto sta accadendo sia a livello nazionale che regionale sul futuro dei piccoli Comuni. Lo fa sapere una nota dell’associazione degli enti della montagna toscana.
    “Non siamo contrari alle fusioni- hanno ribadito-, ma non siamo d’accordo all’imposizione dall’alto; in un processo di riorganizzazione crediamo che sia essenziale sia la partecipazione dei cittadini sia la peculiarità dei singoli territori e da ciò non si può prescindere. Siamo pronti a mobilitarci per far capire a Regione, Parlamento e Governo l’assurdità di tali decisioni e l’incompatibilità con la politica territoriale che da sempre ha mirato alla tutela e salvaguardia dei territori minori”, hanno concluso. Il presidente Uncem Oreste Giurlani ha annunciato che nei prossimi giorni saranno decise le iniziative da intraprendere.
    20 gennaio 2016

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  2. NO
    ELIMINAZIONE PICCOLI COMUNI
    Pochi sanno (o non vogliono sapere) che in Francia i comuni sono 36.000 !!!! Il ruolo dei comuni (in particolare quelli di montagna), che sono piccoli in termini di abitanti ma sono grandi in termini di superficie, è oggi prevalentemente quello di guardiani del territorio. Se togli i comuni chi controlla il territorio !!!!
    In Francia il trasferimento dei fondi ai comuni è fatto per il 50% in base al numero di abitanti e 50% in base ai KM quadrati per il controllo del territorio.
    E poi nei piccoli comuni di montagna i costi sono minori rispetto ai grandi carrozzoni (come certificato anche .
    Prendendo atto che la realtà storica dell’Italia evidenzia che da sempre sono i piccoli che fanno grande l’Italia, sia che si tratti di imprenditori o di Comuni, e scegliendo una filosofia di vita che mette al centro la qualità della vita della persona e non la quantità delle risorse dello Stato da parte di individui ridotti a strumenti di produzione e consumo, noi consideriamo che i Comuni debbano diventare il fulcro della riforma dello Stato, rapportandosi direttamente con uno Stato più autorevole, efficiente e solidale grazie al sistema istituzionale della Repubblica presidenziale dove il capo dello Stato, al pari dei sindaci, ha il potere esecutivo di governo del Paese, è eletto direttamente dai cittadini con il voto di preferenza, ha il vincolo di mandato, la responsabilità civile e penale per gli atti commessi nel corso del suo mandato.

    La teoria di grande è ECONOMICO abbiamo visto per chi è ECONOMICO per Vedi ROMA CAPITALE, ECC, ECC

    1. LA RIVOLTA DEI PICCOLI COMUNI: IN PROVINCIA DI SIENA 13 SINDACI DICONO NO ALLE FUSIONI PER DECRETO
    2. Bassiano, ente ancora in prima linea contro la cancellazione dei piccoli Comuni
    3. Soppressione comuni sotto i 5000 abitanti, l’Uncem Campania dice “no”
    4. Contrario anche il deputato Pd Simone Valiante.
    5. Comunicazione da ANCI Piemonte: Il NO di ANCI all'eliminazione dei piccoli comuni
    Torino, Martedì, 15 Marzo 2016

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  3. Soppressione comuni sotto i 5000 abitanti, l’Uncem Campania dice “no”
    Contrario anche il deputato Pd Simone Valiante.

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  4. I PICCOLI COMUNI non sprecano:
    "ci fanno fare una brutta figura"
    Che fare ????
    MA ..............
    Facciamoli diventare GRANDI "ACCORPIAMOLI" (ACCOPPIAMOLI) !!!!

    Ma ci aveva già provato CRAXI ......
    Un dilettante allo sbaraglio ...
    Comunque facciamo in fretta ...... prima che la notizia si diffonda troppo ....

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