Un risveglio della coscienza.
Per la prima volta nella loro storia i bellunesi doc, quelli cioè che assumono a buon diritto tale appellativo in quanto abitanti e cittadini del comune di Belluno, possono cominciare a comprendere quale sia il sentimento che per secoli hanno provato i feltrini e i cadorini di fronte all'etichetta impropria di "bellunesi".
Un sentimento amaro perchè i feltrini e i cadorini non sono mai stati, invero, dei "bellunesi", per lo stesso motivo per cui essere veneti non vuol dire essere veneziani, o essere lombardi non vuol dire essere milanesi.
E' un sentimento controverso, confuso, perchè i feltrini -che sono feltrini- e i cadorini -che sono cadorini- (da qui non si scappa) dopo secoli d'inganno pur essendo abitanti delle "provincie" soppresse di Feltre e del Cadore, hanno finito col credersi davvero bellunesi, tanto da retrodatare questa loro presunta appartenenza fino alla preistoria: si pensi a titoli di mostre e di opere quali per esempio "Romanità in provincia di Belluno" (che l'esempio basti per tutti).
Il tempo però è un galantuomo e oggi sembra voler svelare l'enigma perverso delle identità negate. Nel modo peggiore però e cioè con una confusione ancora più sgradevole.
Certo, che i bellunesi oggi temano di essere presto chiamati "trevisani" può far sorridere i malevoli, ma l'effetto comico dell'ironia sarebbe piuttosto fiacco.
Il criterio del Bar Sport
Siamo, io dico, davanti all'ennesima grossolaneria del governo nazionale, il quale, messo di fronte all'ipotesi non pellegrina di sopprimere le province italiane per contenere la spesa pubblica, sceglie non di sopprimerle, non di mantenerle, ma, seguendo la solita terza via, l'insipida, iniqua, stupida via degli ignavi, sceglie di trovare il criterio (me li vedo i ministri al "lavoro" in un bar del Palazzo) per sopprimerne alcune e salvarne delle altre.
Così, per brevità, il Governo fa una ciofeca di ragionamento: le province che resteranno dovranno avere non meno di 350mila abitanti ed un'estensione non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati. Et voilà!
Il buon vecchio "uomo della strada" noterà che si tratta di due criteri semplicissimi, tanto semplici da rasentare il grezzo del pensiero primitivo. Sono due criteri che mi fanno pensare a una discussione del "bar sport", e lo dico senza offesa per il bar e per i suoi simpatici avventori.
Non c'è nessun cenno alla storicità dell'ente in questione, nessun cenno ai pareri dei suoi comuni e delle sue realtà associative, delle camere di commercio, dei sindacati, delle associazioni produttive... E nessun cenno ai disagi degli abitanti o alle caratteristiche geomorfologiche dell'area, nè alle sue "specificità" o ai suoi tratti antropologici peculiari. Nada, rien, niente di niente! Nessuno di questi aspetti valutativi passa per il geniale cervello dei nostri "professori". Che pure avrebbero potuto semplificarci la vita, a noi e a loro stessi: via tutte le provincie e buonanotte al secchio.
Invece no, pur di discriminare, di confondere, salvare, condannare, dividere, imperare, calcolare, friggere e rifriggere il Consiglio dei Ministri si è imbarcato in un'operazione iniqua che ancora una volta ci lascerà tutti scontenti.
E andarsene a casa?
Per far navigare il vaporetto il capitano fa bruciare lo scafo. Che idea dal cavolo!
Un piccolo particolare ci sfugge: Monti e la sua compagnia di governo non sono mai stati eletti dal popolo e lo stesso parlamento che legttima col suo assenso la presenza di Monti a Palazzo Chigi è sub judice avendo stravolto la maggioranza che era uscita dal voto delle ultime elezioni politiche. Passi l'idea del governo d'emergenza, ma può un Governo così provvisorio, sorretto da un così fiacco sostegno politico, azzardare una simile rivoluzione degli enti? Può un artigiano chiamato per aggiustare il tetto di una casa ristrutturare i muri della stessa senza che il padrone glielo abbia mai chiesto?
E se il Monti e i suoi, e magari anche il parlamento, facessero il bel gesto di far fagotto a e di lasciarci votare?
Per la prima volta nella loro storia i bellunesi doc, quelli cioè che assumono a buon diritto tale appellativo in quanto abitanti e cittadini del comune di Belluno, possono cominciare a comprendere quale sia il sentimento che per secoli hanno provato i feltrini e i cadorini di fronte all'etichetta impropria di "bellunesi".
Un sentimento amaro perchè i feltrini e i cadorini non sono mai stati, invero, dei "bellunesi", per lo stesso motivo per cui essere veneti non vuol dire essere veneziani, o essere lombardi non vuol dire essere milanesi.
E' un sentimento controverso, confuso, perchè i feltrini -che sono feltrini- e i cadorini -che sono cadorini- (da qui non si scappa) dopo secoli d'inganno pur essendo abitanti delle "provincie" soppresse di Feltre e del Cadore, hanno finito col credersi davvero bellunesi, tanto da retrodatare questa loro presunta appartenenza fino alla preistoria: si pensi a titoli di mostre e di opere quali per esempio "Romanità in provincia di Belluno" (che l'esempio basti per tutti).
Il tempo però è un galantuomo e oggi sembra voler svelare l'enigma perverso delle identità negate. Nel modo peggiore però e cioè con una confusione ancora più sgradevole.
Certo, che i bellunesi oggi temano di essere presto chiamati "trevisani" può far sorridere i malevoli, ma l'effetto comico dell'ironia sarebbe piuttosto fiacco.
Il criterio del Bar Sport
Siamo, io dico, davanti all'ennesima grossolaneria del governo nazionale, il quale, messo di fronte all'ipotesi non pellegrina di sopprimere le province italiane per contenere la spesa pubblica, sceglie non di sopprimerle, non di mantenerle, ma, seguendo la solita terza via, l'insipida, iniqua, stupida via degli ignavi, sceglie di trovare il criterio (me li vedo i ministri al "lavoro" in un bar del Palazzo) per sopprimerne alcune e salvarne delle altre.
Così, per brevità, il Governo fa una ciofeca di ragionamento: le province che resteranno dovranno avere non meno di 350mila abitanti ed un'estensione non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati. Et voilà!
Il buon vecchio "uomo della strada" noterà che si tratta di due criteri semplicissimi, tanto semplici da rasentare il grezzo del pensiero primitivo. Sono due criteri che mi fanno pensare a una discussione del "bar sport", e lo dico senza offesa per il bar e per i suoi simpatici avventori.
Non c'è nessun cenno alla storicità dell'ente in questione, nessun cenno ai pareri dei suoi comuni e delle sue realtà associative, delle camere di commercio, dei sindacati, delle associazioni produttive... E nessun cenno ai disagi degli abitanti o alle caratteristiche geomorfologiche dell'area, nè alle sue "specificità" o ai suoi tratti antropologici peculiari. Nada, rien, niente di niente! Nessuno di questi aspetti valutativi passa per il geniale cervello dei nostri "professori". Che pure avrebbero potuto semplificarci la vita, a noi e a loro stessi: via tutte le provincie e buonanotte al secchio.
Invece no, pur di discriminare, di confondere, salvare, condannare, dividere, imperare, calcolare, friggere e rifriggere il Consiglio dei Ministri si è imbarcato in un'operazione iniqua che ancora una volta ci lascerà tutti scontenti.
E andarsene a casa?
Per far navigare il vaporetto il capitano fa bruciare lo scafo. Che idea dal cavolo!
Un piccolo particolare ci sfugge: Monti e la sua compagnia di governo non sono mai stati eletti dal popolo e lo stesso parlamento che legttima col suo assenso la presenza di Monti a Palazzo Chigi è sub judice avendo stravolto la maggioranza che era uscita dal voto delle ultime elezioni politiche. Passi l'idea del governo d'emergenza, ma può un Governo così provvisorio, sorretto da un così fiacco sostegno politico, azzardare una simile rivoluzione degli enti? Può un artigiano chiamato per aggiustare il tetto di una casa ristrutturare i muri della stessa senza che il padrone glielo abbia mai chiesto?
E se il Monti e i suoi, e magari anche il parlamento, facessero il bel gesto di far fagotto a e di lasciarci votare?
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